31 ott 2008

POSTILLA SULLA SCUOLA

Sono un intellettuale e mi distacco aristocraticamente dalla massa. Vedere quello spettacolo di "professori" schiamazzare per le strade di Roma mostrando improbabili cartelloni di protesta come farebbero gli operai della FIAT che picchettano la fabbrica è stato deprimente.
La manifestazione di Roma è stata la conferma di quanto in basso sia caduta la scuola e di quale degrado sociale si sia rivestito parte del corpo docente.
Credevo che gli intellettuali dovessere guidare le masse (anzi questo è un concetto fortemente comunista) e non farsi volgo e scimmiottare camionisti, ferrovieri e metalmeccanici in protesta. Il dissenso, l'intellettuale, lo esprime nel dialogo, nel lavoro e nella missione di educatore e guida. Non per le strade con i palloncini e le bandiere del sindacato.
Questa mattina ho accompagnato mia figlia a scuola ed ho visto il gran lavoro che le maestrine hanno compiuto: i mostri della festa di Allouin (lo scrivo così, in italiano, visto che le maestrine della scuola pubblica la considerano una festa italiana). Capite? Queste eccellenti maestre della nostra eccellente scuola elementare insegnano ai nostri figli l'americanissima festa in cui si adorano i mostri, le streghe, i cattivi. Già, noi italiani avevamo una cattolicissima e millenaria festa dei Santi in cui si ricordano uomini e donne che hanno dato la propria vita per amare gli altri. Ma queste non sono sciocchezze, secondo le maestrine della scuola pubblica di stato. Per loro, per quelle che schiamazzavano per le vie di Roma, per queste grandi professioniste dell'educazione, Allouin è molto più educativa.
Allora ho capito tutto: il male della nostra scuola non dipende nè da tagli nè da grembiulini ma da pessimi insegnanti che hanno gettato la propria dignità e professionalità per le strade della capitale.

28 ott 2008

INNOCENTI MASSACRATI





















Questa è la realtà dell'aborto! Il resto sono solo chiacchiere.
Bambini massacrati nella loro carne tra sofferenze atroci.
Ogni anno in Italia vengono massacrati 150.000 CENTOCINQUANTAMILA bambini innocenti. Vengono uccisi dalle loro madri con la complicità di "medici" e "infermieri" compiacenti. Vengono massacrati con i soldi che noi paghiamo allo Stato.
NON HO MAI VISTO UNA MANIFESTAZIONE CONTRO QUESTO ECCIDIO QUOTIDIANO. SARA' CERTAMENTE PIU' IMPORTANTE IL GREMBIULINO DELLA GELMINI.
V E R G O G N A ! !

23 ott 2008

SCUOLA

Socrate è stato condannato in modo ingiusto, accusato con prove false e pretestuose. Condannato a morte dallo Stato. Il giorno prima che la condanna fosse eseguita, i suoi discepoli gli avevano organizzato la fuga dal carcere per salvargli la vita. Socrate, con molta dolcezza, rifiutò fermamente per offrire loro l'ultima lezione: il rispetto delle leggi. A costo della sua vita. Anche se quelle leggi erano state ingiuste con lui.
Credo che Socrate possa essere l'esempio della missione educativa che ciascun professore dovrebbe avere.
Oggi però, nella scuola in cui insegno (liceo scientifico), sono stato testimone di come alcuni insegnanti abbiano proprio raggiunto il fondo.
All'interno della scuola insultavano e offendevano con volgarità e puerilità il presidente del consiglio apostrofandolo "nano malefico" e con altre espressioni della medesima volgarità.
Mi è tornato in mente Socrate ed ho provato profonda tristezza.
La scuola ha bisogno di radicali trasformazioni. La prima riguarda senz'altro il corpo docente ed il suo basso livello culturale ed etico. Credo proprio che la causa principale del declino della scuola pubblica sia da attribuire agli insegnanti ed alla loro autoreferenzialità. Ho visto giovani entrare nella scuola superiore con valori, regole, buona educazione ed uscirne completamente peggiorati.
Ciò che accade in questi giorni intorno alla scuola è davvero desolante. I soliti sinistrorsi che abbaiano alla luna, ma troppo spesso mordono e feriscono, presi solo da una irrefrenabile rabbia irrazionale o più semplicemente da una atavica indolenza verso il dovere.
Assisteremo alla violenza di coloro che vorranno impedire con la forza a milioni di seri studenti di studiare e crescere. Spero solo che il Presidente del Consiglio impedisca, anche con la forza se necessario, ogni abuso da parte di vuole occupare spazi pubblici.
Per il resto, legittima ogni manifestazione ed ogni protesta. Ma caso mai sarebbe anche interessante capire perchè si scende in piazza.

21 ott 2008

NE' ACCANIMENTO NE' EUTANASIA

Con l'aumento delle possibilità tecnologiche può accadere che si ecceda nell'uso di terapie in malati che non ne traggono giovamento. Vuoi perchè si tratta degli ultimi momenti della loro vita, vuoi perchè queste terapie possono portare ad una sopravvivenza dolorosa e gravosa, se non addirittura ad una nuova patologia provocata da quella stessa terapia. Si parla, in tal caso, di "accanimento terapeutico". Ferma restando la liceità della sospensione di un intervento che si configura come accanimento terapeutico, è da sottolineare, però, come si faccia un uso strumentale di questo concetto al fine di favorire il diffondersi di una cultura eutanasica. Definita in modo suadente "dolce morte" l'eutanasia viene presentata come la via da perseguire per porre fine ad una sofferenza "insopportabile". Essa si traduce, di fatto, in un'anticipazione deliberata della morte. In nome della libertà individuale, si vuole annullare la fonte stessa della sua ragion d'essere, ovvero la vita, che è di per sè un bene indisponibile. Una riflessione sull' eutanasia richiede di analizzare anche le ragioni che possono motivare una richiesta in tal senso, decodificando la domanda. E' stato, infatti, messo in evidenza come la richiesta di eutanasia sia spesso motivata da ragioni psicologiche o psichiatriche transitorie o curabili e dalla inevitabile paura del dolore e della sofferenza. In questo senso, la ricostruzione dell'autostima e del senso di accettazione di sè o la cura di una sindrome depressiva portano frequentemente il malato a cambiare idea. Inoltre un'adeguata terapia antidolorifica e il sollecito accompagnamento del malato consentono di attenuare o rimuovere il dolore e di alleviare il senso di sofferenza, riducendo drasticamente la richiesta di eutanasia. Di fronte al dolore, alla sofferenza e alla morte, invece, la medicina offre una sensazione di impotenza che prelude all'abbandono del malato e della sua famiglia alla solitudine.2. La proposta dell'eutanasia, che non è assolutamente un atto medico, svela il suo vero volto: una scorciatoia per ridurre la spesa pubblica, un rifiuto dell'impegno umano e clinico a fianco del malato e una fuga di fronte alla paura della morte, del dolore e della sofferenza. Sta inoltre emergendo come, dietro la richiesta di eutanasia da parte di alcuni settori della società, vi sia anche una vera e propria "handifobia", ovvero la paura e il rifiuto della disabilità. Si impone così un modello culturale teso a rimuovere (negare) il dolore, la sofferenza, la morte, impedendo così di affrontarli in modo pienamente degno. Si sta sviluppando, per contro, un'idea di "qualità della vita" misurata su standard di efficienza, salute e forma fisica: una vita senza questo tipo di "qualità" non sarebbe degna di essere vissuta e può essere "oggetto" di libera scelta. Di conseguenza alcuni potrebbero avere più potere di altri sulla vita altrui, decidendo quando e come spegnerla. 3. Seppur a parole contrari all'eutanasia, molti sono indotti ad accettarla o praticarla nella sua forma indiretta o "passiva", chiamata anche "abbandono terapeutico" o "sospensione delle cure". Si tratta di una zona grigia, che si cerca di rendere addirittura nebbiosa in modo da poterla allargare alla disabilità tout court. Un esempio, in tal senso, è la proposta di sospendere le cure in epoca neonatale per i bambini gravemente malati o prematuri per i quali sia possibile la sopravvivenza ma con un rischio elevato di disabilità. Occorre essere molto vigili su questo punto e sull'eventualità, tutt'altro che remota, che si apra la porta all'eutanasia attraverso la formulazione di iniziative di ambigua fattibilità e validità.

15 ott 2008

EUTANASIA

La malattia è un momento di prova per l'uomo. La sofferenza che comporta ogni malattia si presenta a ciascuno come MISTERO che pone degli interrogativi sul senso della stessa condizione umana. Nella malattia l'uomo fa l'esperienza della propria impotenza, dei propri limiti, della propria finitezza.
Il dolore e la sofferenza possono portare sia all'angoscia, specialmente quando ci si trova di fronte ad un dolore intenso e prolungato, sia ad una maturazione nella relazione verso se stesso, verso gli altri e verso Dio.
Spesso il dolore, la malattia e la sofferenza precedono la morte la quale si presenta pure come una realtà umana. Anch'essa, come la malatia, ci appare come un fatto misterioso, se non ASSURDO qualora arrivasse in modo imprevisto nella pienezza della vita.
Nè la morte, nè la malattia nè tanto meno la sofferenza però hanno il potere di annichilire l'uomo.
Ciò che degrada l'uomo, la sua dignità, la sua regalità è l'atteggiamento di fronte a tali fatti che appartengono alla realtà umana.
Coloro che ritengono che l'uomo sia l'unico criterio di se stesso, ed in modo arrogante e presuntuoso hanno liquidato Dio dalla loro vita, pensano di avere il diritto di decidere e di impadronirsi della morte procurandola "dolcemente" in anticipo. Costoro hanno ridotto l'uomo ad una macchina di efficienza che se non gode del benessere e se non è efficiente tanto vale eliminarlo. Di fronte al dolore si elimina il paziente. Ci sono così "vite degne di essere vissute" e "vite non degne di essere vissute". Si usa oggi questo linguaggio dimenticando proprio che erano queste espressioni del vocabolario nazista (che a chiacchiere tutti credono di contestare ma in realtà ne sono profondamente affascinati). Tanto durante il nazismo quanto oggi, gli essere umani nella malattia e nella sofferenza vengono uccisi e si soffoca la propria coscienza con un velo di peloso moralismo che suona così: "meglio che muoia piuttosto che soffra". Si giustificano in tal modo milioni di bambini massacrati con l'aborto e migliaia di malati uccisi dai propri parenti che ne chiedono la morte piuttosto che la cura.
Abbiamo dimenticato la compassione, l'accompagnamento dell'altro nel dolore. Non vogliamo farci carico della sofferenza degli altri, preferiamo ucciderli.
Ed è questa risposta, e non la morte e la malattia, che hanno annichilito l'uomo e la sua possibilità di amare in modo divino.