21 ott 2008

NE' ACCANIMENTO NE' EUTANASIA

Con l'aumento delle possibilità tecnologiche può accadere che si ecceda nell'uso di terapie in malati che non ne traggono giovamento. Vuoi perchè si tratta degli ultimi momenti della loro vita, vuoi perchè queste terapie possono portare ad una sopravvivenza dolorosa e gravosa, se non addirittura ad una nuova patologia provocata da quella stessa terapia. Si parla, in tal caso, di "accanimento terapeutico". Ferma restando la liceità della sospensione di un intervento che si configura come accanimento terapeutico, è da sottolineare, però, come si faccia un uso strumentale di questo concetto al fine di favorire il diffondersi di una cultura eutanasica. Definita in modo suadente "dolce morte" l'eutanasia viene presentata come la via da perseguire per porre fine ad una sofferenza "insopportabile". Essa si traduce, di fatto, in un'anticipazione deliberata della morte. In nome della libertà individuale, si vuole annullare la fonte stessa della sua ragion d'essere, ovvero la vita, che è di per sè un bene indisponibile. Una riflessione sull' eutanasia richiede di analizzare anche le ragioni che possono motivare una richiesta in tal senso, decodificando la domanda. E' stato, infatti, messo in evidenza come la richiesta di eutanasia sia spesso motivata da ragioni psicologiche o psichiatriche transitorie o curabili e dalla inevitabile paura del dolore e della sofferenza. In questo senso, la ricostruzione dell'autostima e del senso di accettazione di sè o la cura di una sindrome depressiva portano frequentemente il malato a cambiare idea. Inoltre un'adeguata terapia antidolorifica e il sollecito accompagnamento del malato consentono di attenuare o rimuovere il dolore e di alleviare il senso di sofferenza, riducendo drasticamente la richiesta di eutanasia. Di fronte al dolore, alla sofferenza e alla morte, invece, la medicina offre una sensazione di impotenza che prelude all'abbandono del malato e della sua famiglia alla solitudine.2. La proposta dell'eutanasia, che non è assolutamente un atto medico, svela il suo vero volto: una scorciatoia per ridurre la spesa pubblica, un rifiuto dell'impegno umano e clinico a fianco del malato e una fuga di fronte alla paura della morte, del dolore e della sofferenza. Sta inoltre emergendo come, dietro la richiesta di eutanasia da parte di alcuni settori della società, vi sia anche una vera e propria "handifobia", ovvero la paura e il rifiuto della disabilità. Si impone così un modello culturale teso a rimuovere (negare) il dolore, la sofferenza, la morte, impedendo così di affrontarli in modo pienamente degno. Si sta sviluppando, per contro, un'idea di "qualità della vita" misurata su standard di efficienza, salute e forma fisica: una vita senza questo tipo di "qualità" non sarebbe degna di essere vissuta e può essere "oggetto" di libera scelta. Di conseguenza alcuni potrebbero avere più potere di altri sulla vita altrui, decidendo quando e come spegnerla. 3. Seppur a parole contrari all'eutanasia, molti sono indotti ad accettarla o praticarla nella sua forma indiretta o "passiva", chiamata anche "abbandono terapeutico" o "sospensione delle cure". Si tratta di una zona grigia, che si cerca di rendere addirittura nebbiosa in modo da poterla allargare alla disabilità tout court. Un esempio, in tal senso, è la proposta di sospendere le cure in epoca neonatale per i bambini gravemente malati o prematuri per i quali sia possibile la sopravvivenza ma con un rischio elevato di disabilità. Occorre essere molto vigili su questo punto e sull'eventualità, tutt'altro che remota, che si apra la porta all'eutanasia attraverso la formulazione di iniziative di ambigua fattibilità e validità.

3 commenti:

robertorubino ha detto...

La morte è un fatto e non un diritto: per questa ragione non può essere oggetto di una scelta
sostenuta dalla società civile. Ciò non significa negare il valore dell’autonomia e della libertà della
persona, ma riconoscere che il valore di ogni scelta dipende dal suo contenuto. In ogni caso,
l’equiparazione della scelta di chi vuole vivere e di chi vuole morire è scorretta per la semplice
ragione che solo la vita, e non la morte, è il fondamento dei diritti umani e della loro tutela.

Anonimo ha detto...

Se la vita ha sempre e comunque un valore illimitato allora anche l'accanimento terapeutico è giusto perchè in ogni caso va tentato il tutto e per tutto per allungare la vita, indipendentemente dai successivi standards di vita!

Ci sono i casi in cui la scelta è legata a problemi psicologici, bene, occorra allora la diagnosi di uno psicologo per procedere all'eutanasia.

2 Finiamola con la storia che sia la cultura a determinare che il valore della vita sia legato agli standards di efficienza, questa è la legge naturale e ipocrisia a parte è così e così è sempre stato e negarlo non ci aiuta.
Se un pazzo, in stile film americano, la costringesse a scegliere: una bambina di 9 anni per una signora di 90, un giovane di venti per un malato terminale, un barbone malato, ubriacone, che tenta la morte una volta alla settimana e un brillante e onesto uomo di famiglia, Adolph Hitler e Martin Luter King, lei avrebbe difficoltà a scegliere?! Sia pur con dolore lei effettuerebbe le mie , e quelle della stragrande maggioranza, stesse scelte.
Questo non esclude che il concetto di efficienza è molto ampio e si può essere in perfetta salute e incapaci di goderne, o essere affetti da sindrome di down e vivere e apprezzare la propria vita attimo per attimo. E poi il valore adattivo non per forza corrisponde a quello che attribuiscono le persone alle altre (se io fossi un amico del barbone, probabilmente farei morire il brillante e onesto uomo di famiglia. Ma anche questo cela un egoismo: io soffrirei molto, mi priverei di troppo piacere, con la scelta inversa. Dunque in qualche modo siamo sempre all'efficienza).

In ultimo voglio concludere che ognuno gioca con i diritti a piacere proprio, ma chi sarebbe l'arbitro che dice con certezza quali sono e non sono i diritti? Con quali credenziali?
Se la mettiamo sul "nostro sentire" allora è giusta anche l'eutanasia in certi casi, perchè indipendentemente che lo riusciamo a spiegare il perchè, sentiamo essere la miglior cosa immedesimandoci nel paziente. Così come sentiamo sbagliato uccidere un innocente.

Andrea Romanelli

Anonimo ha detto...

anche l'ultimo punto del Manifesto tematico di Scienza&Vita va riportato:
4)di fronte al disinteresse all'abbandono di chi si rova in condizioni di estrema fragilità, l'Associazione Scienza&Vita si impegna a:
*informare, in modo corretto e chiaro....www.associazionescienzaevita.org/manifesto_eutanasia.php..."promuovere una cultura che favorisca la rimozione delle cause psicologiche e sociali che possano indurre il malato a guardare alla morte come all'unica via d'uscità;..."
.....?????
...estrema fragilità???....unica via d'uscita???...ma di chi e di cosa si parla?...eppoi questa apologia del dolore come percorso che porta a Dio, fosse una questione "aristocratica" di prova di forza che porti a vivere,pure pure senza alcun farmaco, per gli eroi! anche la vita è un fatto!...continuo a riflettere.
Nina