- Mi dicono: se trovi uno schiavo addormentato, non svegliarlo, forse sta sognando la libertà. Ed io rispondo: se trovi uno schiavo addormentato, sveglialo e parlagli della libertà.(Jibran Khalil Jibran): dedicato ai miei alunni
- Ho imparato dalla malattia molto di ciò che la vita non sarebbe stata in grado di insegnarmi in nessun altro modo.(Goethe): dedicato ai radicali, al padre di Eluana, e a chi ti vuole ammazzare se ti ammali
- Chiuso il secolo dell'ateismo, si apre in Occidente quello del cinismo: un avversario forse meno provocatorio ma più subdolo.(Camillo Ruini) : dedicato ad Obama, Zapatero, Francesi e all'ONU
- Il buon senso c'era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune.(Alessandro Manzoni): dedicato ad alcuni "colleghi" del Liceo scientifico Leonardo da Vinci
- Non posso e non voglio tagliare la mia coscienza perché si adatti alla moda di quest'anno. (L.Hellman): dedicato a me stesso
- Il segreto dell’esistenza umana non sta soltanto nel vivere, ma anche nel sapere per che cosa si vive.(Fëdor Dostoevskij): dedicato a tutti gli atei che vivono nel buio
- Un neonato rappresenta il convincimento di Dio che il mondo deve continuare.(Carl Sandburg): dedicato a tutti quelli che hanno voluto la criminale legge sull'aborto
- Prima o poi arriva l'ora in cui bisogna prendere una posizione che non è né sicura, né conveniente, né popolare; ma bisogna prenderla, perchè è giusta. (M.Luther King): dedicata a Benedetto XVI con un ringraziamento speciale
l' essere umano è dal concepimento l'essere concepito da un uomo e da una donna. E ciò gli conferisce dall’inizio la sua identità.(Benoit Bayle, psichiatra perinatale) : dedicato ai capricci di alcuni omosessuali
24 mar 2009
21 mar 2009
LA SCIENZA DA' RAGIONE AL PAPA E CONDANNA ZAPATERO
RIPORTO UN ARTICOLO SCIENTIFICO E STATISTICO USCITO VENERDI' SCORSO SULLA RIVISTA MEDICINA E SCIENZA. MA CHE NESSUN GIORNALETTO ITALIANO (REPUBBLICA, CORRIRERE ED ALTRI) HA NATURALMENTE RIPORTATO.
venerdì 20 marzo 2009
Nel dibattito di ieri sulle parole del Papa a Yaoundè dedicate alla prevenzione dell’AIDS in Africa è stata omessa l’evidenza scientifica. Peraltro molto scarsa sul ruolo del condom nella prevenzione/riduzione della pandemia.Come hanno scritto dall’Uganda Filippo Ciantia e Rose Busingye su Lancet nel Marzo 2008, «la posizione tradizionale Cattolica sui condoms e l’AIDS è la più ragionevole e la più solida scientificamente nella prevenzione dell’epidemia di AIDS».In Uganda, paese simbolo dell’Africa sub-sahariana per la riduzione della prevalenza di sieropositivi dal 20 al 6%, l’approccio “ABC” all’AIDS (Abstain, Be faithful, use Condoms, cioè Astinenza, Fedeltà, Preservativi) è stato centrato su A e B e i dati sul declino della sieroprevalenza sembrano avvalorare questa scelta. «Il governo Ugandese – sostiene Stoneburner medico consulente dell’agenzia americana di cooperazione USAID – ha promosso A e B riducendo del 65% il casual sex, con una riduzione della prevalenza HIV del 75% nel gruppo di età tra i 15 e i 19 anni, del 60% tra i 20 e i 24 e del 54% nel complesso».Studi delle più importanti riviste scientifiche dimostrano che il declino dell’HIV in Uganda è attribuibile alla riduzione dei rapporti casuali cioè l’adesione alla B. In Uganda, Kenya e Zambia il cambiamento di comportamento in particolare la riduzione dei rapporti casuali e premaritali ha comportato una riduzione della sieroprevalenza.Lo stesso Lancet nel gennaio 2000 aveva paragonato il preservativo alle cinture di sicurezza che offrono una falsa percezione di protezione: infatti negli anni ’70 dopo averne introdotto l’obbligo aumentarono gli incidenti per l’aumento dei comportamenti a rischio. Concludeva l’articolo: «ci dovremmo chiedere perché la promozione del preservativo non ha effetto nei paesi del terzo mondo e se abbiamo il giusto equilibrio tra questi messaggi e quelli sull’invito alla riduzione dei partner». «Dopo 20 anni di pandemia, non c’è alcuna evidenza che più preservativi portino a meno AIDS» secondo Edward Green dell’ “Harvard's' Center for Population and Development Studies”. Norman Hearst della University of California San Francisco segnala un pattern allarmante di correlazione tra l’aumento della vendita di preservativi in Kenya e Botswana con un incremento della sieropravalenza da HIV. «Le più recenti metanalisi parlano di un’efficacia del preservativo attorno all’80%, ma si stanno educando generazioni di giovani in Africa che credono che sia sufficiente. Quello che conta è il numero dei partner.»In una review di 134 studi Monsignor Jacques Suaudeau del Pontificio Consiglio per la Famiglia sostiene che l’espressione “safe sex” usata per definire rapporti protetti debba essere sostituita più realisticamente da “safer sex”.L’approccio comportamentale all’epidemia è stato sostenuto sin dall’inizio dal presidente Ugandese Yoveri Museveni che nel 1992 al congresso Mondiale sull’ AIDS a Firenze affermò: «In paesi come i nostri, dove una madre spesso deve camminare per 40 km per ottenere un’aspirina per il figlio malato o 10 km per raggiungere l’acqua, la questione pratica di garantire una costante disponibilità di preservativi o il loro uso corretto non potrà mai essere risolta. Io credo che la miglior risposta alla minaccia dell’AIDS consista nel riaffermare pubblicamente e chiaramente il rispetto che ogni persona deve al suo prossimo. Dobbiamo educare i giovani alle virtù dell’ astinenza, dell’ autocontrollo e del sacrificio che richiede innanzitutto il rispetto per gli altri».Gli interventi di prevenzione dell’HIV in Uganda (in particolare la riduzione dei partner) nell’ultima decade hanno avuto l’effetto simile ad un vaccino medico efficace all’80%. Stoneburner lo definisce un vaccino sociale.Lo stesso presidente ugandese Yoweri Museveni più recentemente attaccò la distribuzione di preservativi ai bambini delle scuole elementari descrivendola pericolosa e disastrosa. «Non bisogna insegnare ai bambini come usare i preservativi. Aprirò una guerra sui venditori di condom. Invece di salvare vite umane promuovono la promiscuità tra i giovani. La promiscuità è la maggiore causa di diffusione dell’HIV/AIDS. I bambini a scuola dovrebbero essere educati alla ricerca di un partner per una relazione stabile per tutta la vita». Già nel 2004 in un report dal titolo Imparare a sopravvivere: come l’educazione per tutti salverebbe milioni di giovani dall’AIDS, consegnato al Fondo Monetario Internazionale e alla Banca Mondiale, l’Organizzazione Non Governativa britannica Oxfam stimava che, se tutti i bambini nel mondo avessero potuto completare l’educazione elementare, attraverso un accelerazione del cambiamento comportamentale, si sarebbero potuti prevenire 7 milioni di casi di infezioni da HIV nei 10 anni successivi. La ricerca svolta da Oxfam dimostra che i giovani tra i 15 e i 24 anni con educazione primaria hanno meno del 50% di possibilità di contrarre l’HIV di quelli senza educazione. «Sapevamo che c’era una correlazione tra livello di educazione e prevalenza di HIV – ha detto Mike Lawson che ha lavorato al report - ma non immaginavamo quanto l’educazione fosse importante per qualunque programma di prevenzione. Senza un’azione urgente, ci vorranno 150 anni prima che ogni bambino in Africa possa frequentare la scuola elementare. Rimandare oggi questo investimento significherà un incremento della povertà domani e condannerà i paesi colpiti dall’HIV a un futuro di sottosviluppo e dipendenza senza uscita».In un articolo del prestigioso British Medical Journal dal titolo La riduzione dei partner è cruciale per un approccio ABC bilanciato alla prevenzione dell’HIV, è stato sottolineato che «sembra ovvio, ma non ci sarebbe una pandemia di AIDS se non fosse per partnerships sessuali multiple». Gli autori sottolineano che nonostante l’evidenza di come la riduzione dei partner e la monogamia possa ridurre la diffusione dell’HIV, molti programmi danno poca attenzione a questi mezzi. «Noi crediamo che sia imperativo iniziare ad includere messaggi sulla fedeltà reciproca e la riduzione dei partner nelle attività volte al cambiamento comportamentale sessuale».(Andrea Costanzi, medico chirurgo)
venerdì 20 marzo 2009
Nel dibattito di ieri sulle parole del Papa a Yaoundè dedicate alla prevenzione dell’AIDS in Africa è stata omessa l’evidenza scientifica. Peraltro molto scarsa sul ruolo del condom nella prevenzione/riduzione della pandemia.Come hanno scritto dall’Uganda Filippo Ciantia e Rose Busingye su Lancet nel Marzo 2008, «la posizione tradizionale Cattolica sui condoms e l’AIDS è la più ragionevole e la più solida scientificamente nella prevenzione dell’epidemia di AIDS».In Uganda, paese simbolo dell’Africa sub-sahariana per la riduzione della prevalenza di sieropositivi dal 20 al 6%, l’approccio “ABC” all’AIDS (Abstain, Be faithful, use Condoms, cioè Astinenza, Fedeltà, Preservativi) è stato centrato su A e B e i dati sul declino della sieroprevalenza sembrano avvalorare questa scelta. «Il governo Ugandese – sostiene Stoneburner medico consulente dell’agenzia americana di cooperazione USAID – ha promosso A e B riducendo del 65% il casual sex, con una riduzione della prevalenza HIV del 75% nel gruppo di età tra i 15 e i 19 anni, del 60% tra i 20 e i 24 e del 54% nel complesso».Studi delle più importanti riviste scientifiche dimostrano che il declino dell’HIV in Uganda è attribuibile alla riduzione dei rapporti casuali cioè l’adesione alla B. In Uganda, Kenya e Zambia il cambiamento di comportamento in particolare la riduzione dei rapporti casuali e premaritali ha comportato una riduzione della sieroprevalenza.Lo stesso Lancet nel gennaio 2000 aveva paragonato il preservativo alle cinture di sicurezza che offrono una falsa percezione di protezione: infatti negli anni ’70 dopo averne introdotto l’obbligo aumentarono gli incidenti per l’aumento dei comportamenti a rischio. Concludeva l’articolo: «ci dovremmo chiedere perché la promozione del preservativo non ha effetto nei paesi del terzo mondo e se abbiamo il giusto equilibrio tra questi messaggi e quelli sull’invito alla riduzione dei partner». «Dopo 20 anni di pandemia, non c’è alcuna evidenza che più preservativi portino a meno AIDS» secondo Edward Green dell’ “Harvard's' Center for Population and Development Studies”. Norman Hearst della University of California San Francisco segnala un pattern allarmante di correlazione tra l’aumento della vendita di preservativi in Kenya e Botswana con un incremento della sieropravalenza da HIV. «Le più recenti metanalisi parlano di un’efficacia del preservativo attorno all’80%, ma si stanno educando generazioni di giovani in Africa che credono che sia sufficiente. Quello che conta è il numero dei partner.»In una review di 134 studi Monsignor Jacques Suaudeau del Pontificio Consiglio per la Famiglia sostiene che l’espressione “safe sex” usata per definire rapporti protetti debba essere sostituita più realisticamente da “safer sex”.L’approccio comportamentale all’epidemia è stato sostenuto sin dall’inizio dal presidente Ugandese Yoveri Museveni che nel 1992 al congresso Mondiale sull’ AIDS a Firenze affermò: «In paesi come i nostri, dove una madre spesso deve camminare per 40 km per ottenere un’aspirina per il figlio malato o 10 km per raggiungere l’acqua, la questione pratica di garantire una costante disponibilità di preservativi o il loro uso corretto non potrà mai essere risolta. Io credo che la miglior risposta alla minaccia dell’AIDS consista nel riaffermare pubblicamente e chiaramente il rispetto che ogni persona deve al suo prossimo. Dobbiamo educare i giovani alle virtù dell’ astinenza, dell’ autocontrollo e del sacrificio che richiede innanzitutto il rispetto per gli altri».Gli interventi di prevenzione dell’HIV in Uganda (in particolare la riduzione dei partner) nell’ultima decade hanno avuto l’effetto simile ad un vaccino medico efficace all’80%. Stoneburner lo definisce un vaccino sociale.Lo stesso presidente ugandese Yoweri Museveni più recentemente attaccò la distribuzione di preservativi ai bambini delle scuole elementari descrivendola pericolosa e disastrosa. «Non bisogna insegnare ai bambini come usare i preservativi. Aprirò una guerra sui venditori di condom. Invece di salvare vite umane promuovono la promiscuità tra i giovani. La promiscuità è la maggiore causa di diffusione dell’HIV/AIDS. I bambini a scuola dovrebbero essere educati alla ricerca di un partner per una relazione stabile per tutta la vita». Già nel 2004 in un report dal titolo Imparare a sopravvivere: come l’educazione per tutti salverebbe milioni di giovani dall’AIDS, consegnato al Fondo Monetario Internazionale e alla Banca Mondiale, l’Organizzazione Non Governativa britannica Oxfam stimava che, se tutti i bambini nel mondo avessero potuto completare l’educazione elementare, attraverso un accelerazione del cambiamento comportamentale, si sarebbero potuti prevenire 7 milioni di casi di infezioni da HIV nei 10 anni successivi. La ricerca svolta da Oxfam dimostra che i giovani tra i 15 e i 24 anni con educazione primaria hanno meno del 50% di possibilità di contrarre l’HIV di quelli senza educazione. «Sapevamo che c’era una correlazione tra livello di educazione e prevalenza di HIV – ha detto Mike Lawson che ha lavorato al report - ma non immaginavamo quanto l’educazione fosse importante per qualunque programma di prevenzione. Senza un’azione urgente, ci vorranno 150 anni prima che ogni bambino in Africa possa frequentare la scuola elementare. Rimandare oggi questo investimento significherà un incremento della povertà domani e condannerà i paesi colpiti dall’HIV a un futuro di sottosviluppo e dipendenza senza uscita».In un articolo del prestigioso British Medical Journal dal titolo La riduzione dei partner è cruciale per un approccio ABC bilanciato alla prevenzione dell’HIV, è stato sottolineato che «sembra ovvio, ma non ci sarebbe una pandemia di AIDS se non fosse per partnerships sessuali multiple». Gli autori sottolineano che nonostante l’evidenza di come la riduzione dei partner e la monogamia possa ridurre la diffusione dell’HIV, molti programmi danno poca attenzione a questi mezzi. «Noi crediamo che sia imperativo iniziare ad includere messaggi sulla fedeltà reciproca e la riduzione dei partner nelle attività volte al cambiamento comportamentale sessuale».(Andrea Costanzi, medico chirurgo)
19 mar 2009
AGGRESSIONE A BENEDETTO XVI
L'aggressione a Benedetto XVI è sempre più astiosa, grossolana e male argomentata. Ben orchestrata da una stampa da quattro soldi nelle mani dei soliti massoni assassini.
L'ultimo attacco è stato sulle meravigliose parole del Papa in Africa a proposito della sessualità umana e dell'AIDS.
Il Papa NON dice: "vai con le prostitute e non usare il preservitivo". Il Papa dice: "dai dignità alla tua sessualità e non andare con le prostitute".
Il Papa NON dice" tradisci tua moglie ma fallo senza preservativo". Il Papa dice: "rispetta te stesso e tua moglie e non tradire".
Il Papa NON dice "accoppiati con chi vuoi, maschio, femmina, animale, gruppo di amici, ma fallo senza preservativo". Il Papa dice: "unisciti in matrimonio per sempre e costruisci una famiglia sana".
Leggendo i giornali di questi giorni sembrava che il Papa volesse far morire l' Africa eliminando il preservativo dai comportamenti immorali e a rischio. NON E' COSI'!!!!!!
Il Papa, unica voce etica nel mondo di oggi, invita gli uomini e le donne a riappropriarsi della loro dignità di esseri umani ed a educare la sessualità ad una maggiore consapevolezza ed alla meraviglia dell'unione stabile, fedele, impegnata, aperta alla vita, ricca di doni.
Purtroppo queste sono parole troppo alte per Zapatero e cretinetti del genere che vogliono invece fare sprofondare l'uomo nell'abisso della bestialità (la sua ultima legge è stata quella di equiparare i diritti delle scimmie a quelli dell'uomo. Chissà se anche le scimmie lo voteranno?).
L'Europa si è scandalizzata per le parole sante di Benedetto XVI: l'Europa, quella degli omosessuali, quella dei 15 milioni di aborti l'anno, quella dell'eutanasia e della prostituzione, quella che si è venduta all'Islam, quella che ha come unico valore etico "la dignità dello spermaticida", quella dove se sei handicappato vieni ammazzato a sangue freddo e senza anestesia, quella che risolve l'AIDS col preservativo ed il cannibalismo con la museruola agli uomini.
Grazie a Dio questa Europa trainata da Zapatero e farlocchetti come lui, non è l'Europa della gente per bene, non è l'Europa dei popoli ma solo quella dei massonici gruppi di potere, delle banche e della case farmaceutiche che con i preservativi guadagnano miliardi di euro. Pensate che tragedia per tali industrie se veramente gli uomini smettessero di comportarsi come le bestie sessualmente e seguissero le parole di Benedetto XVI...
Per concludere un dato di fatto:
il tasso di infezione di AIDS a Washington, la capitale americana che ospita il fondo monetario e migliaia di gay ed ha a disposizione milioni di preservativi, è pari a quello dell'intera Uganda. Questa è la dimostrazione che l'AIDS non si combatte con il preservativo ma solo ed esclusivamente con comportamenti sessuali corretti, con una rieducazione spirituale della sessualità.
Grazie Benedetto XVI, grazie Giovanni Paolo II, grazie Chiesa cattolica che hai il coraggio di dire sempre e comunque la verità per amore!
11 mar 2009
FOLLIA LAICISTA
DUE FATTI INQUIETANTI CHE SONO IL FRUTTO DELLA CULTURA LAICISTA, QUELLA DEI VARI Odifreddi, Napolitano, Grillini, Veltroni, Franceschini, Bertinotti , Obama, Zapatero e gente del genere.
1) EDIMBURGO: due bambini scozzesi, fratello e sorella rispettivamente di 4 e 5 anni, sono rimasti senza madre, schiava della droga (tanto cara a Pannella). Li hanno presi in affido i nonni, bravissime persone (lui 59 anni e lei 46). I servizi sociali di Edimburgo li hanno strappati dalle amorevoli braccia dei nonni per darli in adozione ad una coppia di omosessuali (nemmeno ad una coppia normale). E solo per accontentare un capriccio da gay!!!!! Inoltre i due uomini che si sono impossessati degli innocenti bambini hanno minacciato i nonni di non fare nessun ricorso altrimenti non avrebbero più fatto vedere loro i nipotini.
2) UDINE: l'avvocato Campeis, il legale udinese di Beppino Englaro, appena è stata uccisa la povera Eluana e prima ancora di celebrare il funerale, ha organizzato nella sua villa seicentesca una festa sfarzosa e gioiosa per festeggiare l'avvenuto omicidio. Ha invitato i giornalisti (non quelli cattolici naturalmente) ringraziandoli per la loro complicità nell'omicidio di Eluana. Dopodichè, camerieri dai guanti bianchi hanno servito i migliori vini friuliani fino all'alba. Un brindisi alla condanna a morte!
DUE FATTI CHE NON HANNO BISOGNO DI COMMENTO.
QUESTA E' LA SOCIETA' LONTANA DALLA CHIESA!!!!
10 mar 2009
OBAMA: HITLER NERO!
Purtroppo l'avevo previsto prima della sua elezione a Presidente degli Stati Uniti.
Obama non si è smentito ed ha mantenuto le sue minacce elettorali: GUERRA AGLI ESSERI UMANI INDIFESI!
Ha cominciato con il finanziamento alle associazioni criminali che favoriscono l'aborto e l'eccidio di milioni di bambini che, secondo Obama, sarebbero troppo costosi da mantenere e dunque è meglio ammazzare (ovviamente questi concetti lui li esprime con un vocabolario edulcorato tanto da tirarsi dietro anche gli applausi di chi non capisce niente perchè accecato dal male e dalla superficialità).
Oggi, scavalcando di prepotenza il normale iter parlamentare americano, ha dato il via libera alla "ricerca scientifica" SUGLI ESSERI UMANI. Centinaia di migliaia di esseri umani verranno massacrati, frullati, improvettatati, ricombinati e uccisi in nome di un estremismo scientifico condannato anche dalla stragrande maggioranza di scienziati nel mondo!
Dopo gli orribili anni del nazismo, durante i quali gli scenziati del Terzo Reich facevano esperimenti scientifici sugli esseri umani con il fine di trovare cure per altri esseri umani, tutte le organizzazioni mondiali e tutte le conferenze medico-scientifiche hanno condannato questa pratica ed hanno giurato: "MAI PIU' RICERCA SUGLI ESSERI UMANI".
Obama, e pochi altri dittatori comunisti, hanno calpestato ogni convenzione ed hanno riportato il mondo intero verso l'OLOCAUSTO.
Hitler in nome della razza ariana, Obama in nome della razza dei grandi contro i piccoli (per trovare cure a favore dei grandi si massacrano milioni di piccoli). E come negli anni '40 la stampa e l'opinione pubblica applaudiva ad Hitler e solo la Chiesa cattolica si opponeva, così oggi il Vaticano è l'unica organizzazione che scende in campo in difesa dei più deboli e denuncia il nuovo orrore nazista americano.
La scelta criminale di Obama (contraria ad esempio al codice di Norimberga del 1947) non ha nessun carattere di scientificità ma è solo ideologica. Infatti non esistono lavori ed esperimenti scientifici su cellule staminali embrionali (solo un caso in Francia su 20 pazienti con Alzaimer e con questo risultato: per 17 pazienti non è successo nulla, 3 pazienti invece hanno sviluppato tumore cerebrale). Al contrario ci sono molti esperimenti di successo con cellule staminali adulte.
La scelta di Obama è solo per favorire alcune lobbyn potentissime che lo hanno fatto eleggere Presidente: sono lobby che su queste manipolazioni umane hanno un giro di affari di miliardi di dollari (la prossima volta vi spiego nel dettaglio in che modo).
Non mi resta che piangere e pregare per le vittime innocenti e sperare che il Buon Dio converta Obama e lo liberi dall'influenza distruttiva di Satana!
7 mar 2009
BAMBINA STUPRATA DUE VOLTE!!!!!
Una bambina brasiliana di 9 anni, molestata e violentata da un balordo patrigno di 23 anni (che abusava anche della sorellina handicapatta di 14 anni) era rimasta incinta di due gemelli.
La tragedia della violenza subita da questa innocente bambina si è ripetuta ad opera della mostruosa violenza di alcuni medici brasiliani che l'hanno obbligata ad abortire, costringendola a prendere farmaci velenosi che hanno ammazzato i gemellini (innocenti anche loro) e poi altri farmaci per farle espellere i bimbi morti avvelenati.
L'episodio, riportato in modo assolutamente distorto da molti quotidiani italiani anticlericali, invece di condannare la barbarie di questi medici assassini che hanno violentato per la seconda volta la bambina, se la sono presa con la Santa Chiesa Cattolica che, da sola, ha avuto il coraggio di condannare l'atto criminale e di scomunicare gli assassini medici e la madre della bambina.
Il comunista dittatore Lula, ha naturalmente difeso l'opera dei suoi medici di Stato (ma questo non ci meraviglia; in fondo è solo un comunista!).
Noi ringraziamo la Chiesa, il coraggio che dimostra sempre anche contro la tirannide della cultura della morte, e preghiamo per questa povera bambina, vittima della violenza di uno squilibrato e della violenza di equilibrati medici di regime!
RIPOSI IN PACE. NOI ALTRI NO!
Eluana non è più con noi. Riposi in pace. Noi altri, no: non possiamo riposare in pace, come se niente fosse successo.
Suo padre, Beppino, chiede di essere lasciato solo, in silenzio. E non ha l'obbligo di leggere quello che scriviamo. Ma noi non possiamo tacere, come se fosse calato il sipario alla fine di un lungo spettacolo drammatico: chi piange, chi applaude, chi commenta... E tutti a casa, per tornare alla vita reale. No, quello che abbiamo vissuto tutti, è vita reale. Anzi, morte reale. Più precisamente: omicidio reale.
I significati e le conseguenze di questi fatti e dei fiumi di parole, argomentazioni, slogan e imprecazioni che hanno invaso tutto il paese intorno a questa vicenda, sono enormi. E vanno ancora al di là della vita preziosa di Eluana Englaro. Toccano più o meno direttamente altre 2500 persone che si trovano in stato simile al suo. Si ripercuotono poi inevitabilmente su tante altre persone che soffrono o possono soffrire situazioni mediche in base alle quali qualcuno tenderà di nuovo a dire: "È già morto... E' solo un vegetale... È una vita indegna di essere vissuta...". Ed eventualmente spingere per una fine simile a quella di Eluana.
Non possiamo riposare in pace. Abbiamo l'obbligo morale di "tormentarci", di riflettere, di imparare e di trarre le dovute conclusioni, etiche e legali.
In questo sforzo di riflessione, possiamo per esempio chiederci: chi era Eluana? Non: chi era quella bella ragazza bruna, sempre sorridente, che abbiamo visto mille volte e che abbiamo imparato ad amare.
Chi era la Eluana sul cui destino abbiamo tutti discusso appassionatamente: a casa, nel bar, nei tribunali, nelle radio e le tv, e alla fine, troppo tardi, anche al Senato. Chi era, come si trovava veramente, qual era la sua immagine reale?
Possiamo forse ricordarla? No, non ci hanno fatto vedere nemmeno un solo scatto. Sembrerebbe la cosa più logica: il padre voleva custodire giustamente la sua intimità. Possiamo, però, ricordare l'immagine di Terry Schiavo, la donna americana fatta morire nel 2005 perché si trovava, anche lei, in stato vegetativo persistente? Certo che ci ricordiamo!
Quelle immagini, non potremo mai dimenticarle. Qual è la differenza? Molto semplice: in quel caso doloroso, qualcuno voleva che vedessimo. Nel caso doloroso di Eluana si voleva che non vedessimo.
I genitori di Terry (non il marito, Michael, che la portò fino alla morte) volevano che noi la vedessimo, affinché potessimo capire. Volevano che la gente, i giudici e tutti, potessero comprendere che Terry non era un vegetale; che era una persona viva che apriva e chiudeva gli occhi, che respirava perfettamente senza alcuna macchina, che reagiva sorridendo - solo meccanicamente? - alle carezze della mamma.
Il signor Englaro faceva bene a proteggere la privacy della figlia. Ma intanto, per 10 anni è andato in tutte le televisioni e radio di questo paese a parlare di Eluana, mostrando le sue foto - solo quelle anteriori all'incidente - e facendo diventare sua figlia un "caso pubblico". Un caso doloroso che ha toccato, anzi ferito, tutti noi. Ma noi non l'abbiamo vista. Evidentemente si voleva che non vedessimo, affinché non potessimo capire.
E allora, nel nostro doveroso sforzo di riflessione, dobbiamo tentare di vedere per capire. Conosciamo sempre più casi di persone che escono dallo stato vegetativo, anche dopo parecchi anni. Sappiamo di Salvatore Crisafulli, uscito dopo due anni. Ma chi ha seguito il tema da tempo, conosce anche tanti altri: Patti White Bull, dopo 16 anni; il polacco Jan Grzebski, dopo 19 anni; Terry Wallis, dopo 19; Massimiliano N., dopo 10...
In tutti questi casi, come in molti altri, gli interessati raccontano di aver sentito, capito, patito e addirittura di aver tentato di comunicare. Motivati da queste esperienze innegabili, l'equipe medica inglese guidata da A.M. Owen, ha voluto verificare l'eventuale attività cerebrale in una giovane in stato vegetativo persistente.
L'articolo scientifico pubblicato sulla rivista Science nel 2006 ha lasciato attoniti i più increduli: la Risonanza Magnetica Funzionale ha mostrato l'attivazione delle varie zone cerebrali, in corrispondenza con gli inviti da parte dei ricercatori ad immaginare di salire delle scale piuttosto che di giocare una partita di tennis, in maniera esattamente uguale a quanto evidenziato nel cervello dei "soggetti di controllo" sani.
Infatti, gli esperti si convincono sempre più - come riferisce un testo pubblicato due mesi fa dal President's Council of Bioethics degli Stati Uniti - del fatto che in queste situazioni "la valutazione clinica si limita a misurare la capacità di rispondere all'ambiente" e che "ci sono buone ragioni per essere molto cauti prima di assumere che la vita cosciente si sia estinta".
Certo, alcuni continueranno a dire, nonostante queste conferme sempre più numerose e schiaccianti, che comunque si tratta di vite "non degne di essere vissute", al punto che provocare la loro morte sarebbe una "liberazione".
In fondo si tratta di una profonda corruzione ideologica in relazione al valore della persona, di ogni persona umana. Corruzione che si esprime in quella che Giovanni Paolo II chiamò "Cultura della morte".
Con questa espressione non denunciava la nostra società come se fosse tutta assetata di sangue e di morte. La "cultura della morte" consiste in una mentalità - plasmata in una serie di realtà sociali - che, avendo perso di vista il valore intangibile di ogni vita umana, la considera come un bene relativo e disponibile per la libertà dell'individuo, così che considera la morte come la soluzione migliore davanti a certi problemi e l'opzione per essa un diritto che la legge deve riconoscere all'individuo.
Nel caso di una gravidanza non desiderata, pericolosa o problematica, la soluzione è la morte del nascituro; se si tratta di un malato in stato grave che non trova senso per la sua vita, la soluzione è anticipare "dolcemente" la sua morte; se si desidera portare avanti la ricerca per eventuali cure future con le cellule staminali pluripotenti, la soluzione passa attraverso la distruzione di embrioni umani. La morte, non come un bene desiderabile, ma sì come soluzione per la quale si può, e addirittura conviene, optare.
In verità dovremmo parlare, non di "cultura", ma di "anti-cultura". Cultura dice coltivazione dello spirito umano nella società. Qui stiamo tornando invece allo stato selvaggio, non coltivato. Stiamo tornando indietro. Le conseguenze, se andiamo in quella direzione, saranno abissali.
Non possiamo, dunque, tacere e chiudere gli occhi della mente e del cuore. Eluana riposi in pace. Noi no.
Gonzalo Miranda, L.C.
Facoltà di Bioetica
Regina Apostolorum, Roma
Suo padre, Beppino, chiede di essere lasciato solo, in silenzio. E non ha l'obbligo di leggere quello che scriviamo. Ma noi non possiamo tacere, come se fosse calato il sipario alla fine di un lungo spettacolo drammatico: chi piange, chi applaude, chi commenta... E tutti a casa, per tornare alla vita reale. No, quello che abbiamo vissuto tutti, è vita reale. Anzi, morte reale. Più precisamente: omicidio reale.
I significati e le conseguenze di questi fatti e dei fiumi di parole, argomentazioni, slogan e imprecazioni che hanno invaso tutto il paese intorno a questa vicenda, sono enormi. E vanno ancora al di là della vita preziosa di Eluana Englaro. Toccano più o meno direttamente altre 2500 persone che si trovano in stato simile al suo. Si ripercuotono poi inevitabilmente su tante altre persone che soffrono o possono soffrire situazioni mediche in base alle quali qualcuno tenderà di nuovo a dire: "È già morto... E' solo un vegetale... È una vita indegna di essere vissuta...". Ed eventualmente spingere per una fine simile a quella di Eluana.
Non possiamo riposare in pace. Abbiamo l'obbligo morale di "tormentarci", di riflettere, di imparare e di trarre le dovute conclusioni, etiche e legali.
In questo sforzo di riflessione, possiamo per esempio chiederci: chi era Eluana? Non: chi era quella bella ragazza bruna, sempre sorridente, che abbiamo visto mille volte e che abbiamo imparato ad amare.
Chi era la Eluana sul cui destino abbiamo tutti discusso appassionatamente: a casa, nel bar, nei tribunali, nelle radio e le tv, e alla fine, troppo tardi, anche al Senato. Chi era, come si trovava veramente, qual era la sua immagine reale?
Possiamo forse ricordarla? No, non ci hanno fatto vedere nemmeno un solo scatto. Sembrerebbe la cosa più logica: il padre voleva custodire giustamente la sua intimità. Possiamo, però, ricordare l'immagine di Terry Schiavo, la donna americana fatta morire nel 2005 perché si trovava, anche lei, in stato vegetativo persistente? Certo che ci ricordiamo!
Quelle immagini, non potremo mai dimenticarle. Qual è la differenza? Molto semplice: in quel caso doloroso, qualcuno voleva che vedessimo. Nel caso doloroso di Eluana si voleva che non vedessimo.
I genitori di Terry (non il marito, Michael, che la portò fino alla morte) volevano che noi la vedessimo, affinché potessimo capire. Volevano che la gente, i giudici e tutti, potessero comprendere che Terry non era un vegetale; che era una persona viva che apriva e chiudeva gli occhi, che respirava perfettamente senza alcuna macchina, che reagiva sorridendo - solo meccanicamente? - alle carezze della mamma.
Il signor Englaro faceva bene a proteggere la privacy della figlia. Ma intanto, per 10 anni è andato in tutte le televisioni e radio di questo paese a parlare di Eluana, mostrando le sue foto - solo quelle anteriori all'incidente - e facendo diventare sua figlia un "caso pubblico". Un caso doloroso che ha toccato, anzi ferito, tutti noi. Ma noi non l'abbiamo vista. Evidentemente si voleva che non vedessimo, affinché non potessimo capire.
E allora, nel nostro doveroso sforzo di riflessione, dobbiamo tentare di vedere per capire. Conosciamo sempre più casi di persone che escono dallo stato vegetativo, anche dopo parecchi anni. Sappiamo di Salvatore Crisafulli, uscito dopo due anni. Ma chi ha seguito il tema da tempo, conosce anche tanti altri: Patti White Bull, dopo 16 anni; il polacco Jan Grzebski, dopo 19 anni; Terry Wallis, dopo 19; Massimiliano N., dopo 10...
In tutti questi casi, come in molti altri, gli interessati raccontano di aver sentito, capito, patito e addirittura di aver tentato di comunicare. Motivati da queste esperienze innegabili, l'equipe medica inglese guidata da A.M. Owen, ha voluto verificare l'eventuale attività cerebrale in una giovane in stato vegetativo persistente.
L'articolo scientifico pubblicato sulla rivista Science nel 2006 ha lasciato attoniti i più increduli: la Risonanza Magnetica Funzionale ha mostrato l'attivazione delle varie zone cerebrali, in corrispondenza con gli inviti da parte dei ricercatori ad immaginare di salire delle scale piuttosto che di giocare una partita di tennis, in maniera esattamente uguale a quanto evidenziato nel cervello dei "soggetti di controllo" sani.
Infatti, gli esperti si convincono sempre più - come riferisce un testo pubblicato due mesi fa dal President's Council of Bioethics degli Stati Uniti - del fatto che in queste situazioni "la valutazione clinica si limita a misurare la capacità di rispondere all'ambiente" e che "ci sono buone ragioni per essere molto cauti prima di assumere che la vita cosciente si sia estinta".
Certo, alcuni continueranno a dire, nonostante queste conferme sempre più numerose e schiaccianti, che comunque si tratta di vite "non degne di essere vissute", al punto che provocare la loro morte sarebbe una "liberazione".
In fondo si tratta di una profonda corruzione ideologica in relazione al valore della persona, di ogni persona umana. Corruzione che si esprime in quella che Giovanni Paolo II chiamò "Cultura della morte".
Con questa espressione non denunciava la nostra società come se fosse tutta assetata di sangue e di morte. La "cultura della morte" consiste in una mentalità - plasmata in una serie di realtà sociali - che, avendo perso di vista il valore intangibile di ogni vita umana, la considera come un bene relativo e disponibile per la libertà dell'individuo, così che considera la morte come la soluzione migliore davanti a certi problemi e l'opzione per essa un diritto che la legge deve riconoscere all'individuo.
Nel caso di una gravidanza non desiderata, pericolosa o problematica, la soluzione è la morte del nascituro; se si tratta di un malato in stato grave che non trova senso per la sua vita, la soluzione è anticipare "dolcemente" la sua morte; se si desidera portare avanti la ricerca per eventuali cure future con le cellule staminali pluripotenti, la soluzione passa attraverso la distruzione di embrioni umani. La morte, non come un bene desiderabile, ma sì come soluzione per la quale si può, e addirittura conviene, optare.
In verità dovremmo parlare, non di "cultura", ma di "anti-cultura". Cultura dice coltivazione dello spirito umano nella società. Qui stiamo tornando invece allo stato selvaggio, non coltivato. Stiamo tornando indietro. Le conseguenze, se andiamo in quella direzione, saranno abissali.
Non possiamo, dunque, tacere e chiudere gli occhi della mente e del cuore. Eluana riposi in pace. Noi no.
Gonzalo Miranda, L.C.
Facoltà di Bioetica
Regina Apostolorum, Roma
5 mar 2009
UN TESTAMENTO PER LA VITA
Francesco Miceli testimonia come l’amore cura e lenisce il dolore e la sofferenza.
Aveva 41 anni, sposato con due figli, un buon lavoro, aveva acquistato una casa e pensava di continuare a vivere serenamente.
Ma un giorno accadde il dramma: un incidente stradale, è gravissimo, si salva ma a quali condizioni?
Completamente paralizzato, riesce a muovere solo la testa, il midollo è lesionato all’altezza della cervicale. Ha difficoltà a respirare e quindi vive solo grazie ad uno stimolatore diaframmatico. La sua condizione è molto peggiore di quella di Eluana.
Eppure, dopo la disperazione Francesco Miceli ha ritrovato il senso della vita. Non ha cercato più la morte, non si è più lamentato della sua condizione, non ha più pensato solo a sé.
Ha cominciato a dedicarsi alla consolazione degli altri. Ha offerto la sua testimonianza per suscitare speranza. Ha scoperto la fede e con essa ha capito di poter fornire aiuto a chi dispera.
Francesco ha raccontato che nei primi sei mesi dopo l’incidente non ha pensato altro che a come suicidarsi. Era accecato dalla disperazione e vedeva solo quello che aveva perso. Finché un giorno non ha incontrato Paolo Rosini, un conoscente della moglie, un diacono permanente di Modena.
Paolo era venuto a trovarlo all’ospedale ma Francesco non aveva voglia di parlare, voleva solo morire. Paolo però gli disse che la vita non era solo sua, che gli era stata data e non poteva disporne a piacimento. E poi, se era ancora vivo, di certo il Signore aveva un disegno.
Francesco rimuginò quelle parole per tutta la notte, ed il giorno dopo chiese a Paolo di aiutarlo a fare un cammino di fede. Prima dell’incidente Francesco al massimo andava a messa con i bambini, ma la religione non incideva per nulla nella sua vita.
Da allora la vita di Francesco è cambiata radicalmente, è diventata segno e testimonianza di speranza. Francesco ha scoperto quel Dio Buono che non conosceva. Ha scoperto di essere parte di un progetto, ha capito che la sua vita ha un significato per tante altre persone. Lui che pensava di essere consolato ora è compatito, ora consola gli altri.
La sua forza è quello di una persona che ha trovato attraverso le fede una ragione di vita profonda. E intorno a lui si sono raccolti tanti amici che lo vanno a trovare, a chiedergli consiglio, a raccontargli di sofferenze e dolori, ma anche di gioie, gente che va a rinnovarsi nella speranza.
“L’infermità non mi ha tolto la libertà di amare”, ha scritto nel libro “Correre … sulle ali del pensiero”. Centotrentasei pagine che raccolgono le poesie, i racconti e le lettere di Francesco, tutti fatti reali e concreti, corredati anche da altre testimonianze di amici e persone che hanno conosciuto e condiviso la sua vicenda ma anche di persone che hanno avuto esperienze simili.
Il libro testimonia quanto le persone disabili o rese disabili da incidenti possano contribuire a rafforzare l’attaccamento alla vita, l’amore gratuito tra le persone che cura più di qualsiasi altra medicina.
Insomma oggi Francesco è convinto che Dio lo abbia tenuto in vita per portare e comunicare speranza alle persone toccate dalla sofferenza.
Francesco ha sofferto moltissimo per come si è conclusa la vicenda di Eluana Englaro. Per questo il 22 febbraio ha deciso di stilare un testamento per la vita. Un segno per tutti coloro che amano la vita e rifiutano ogni forma di eutanasia.
Aveva 41 anni, sposato con due figli, un buon lavoro, aveva acquistato una casa e pensava di continuare a vivere serenamente.
Ma un giorno accadde il dramma: un incidente stradale, è gravissimo, si salva ma a quali condizioni?
Completamente paralizzato, riesce a muovere solo la testa, il midollo è lesionato all’altezza della cervicale. Ha difficoltà a respirare e quindi vive solo grazie ad uno stimolatore diaframmatico. La sua condizione è molto peggiore di quella di Eluana.
Eppure, dopo la disperazione Francesco Miceli ha ritrovato il senso della vita. Non ha cercato più la morte, non si è più lamentato della sua condizione, non ha più pensato solo a sé.
Ha cominciato a dedicarsi alla consolazione degli altri. Ha offerto la sua testimonianza per suscitare speranza. Ha scoperto la fede e con essa ha capito di poter fornire aiuto a chi dispera.
Francesco ha raccontato che nei primi sei mesi dopo l’incidente non ha pensato altro che a come suicidarsi. Era accecato dalla disperazione e vedeva solo quello che aveva perso. Finché un giorno non ha incontrato Paolo Rosini, un conoscente della moglie, un diacono permanente di Modena.
Paolo era venuto a trovarlo all’ospedale ma Francesco non aveva voglia di parlare, voleva solo morire. Paolo però gli disse che la vita non era solo sua, che gli era stata data e non poteva disporne a piacimento. E poi, se era ancora vivo, di certo il Signore aveva un disegno.
Francesco rimuginò quelle parole per tutta la notte, ed il giorno dopo chiese a Paolo di aiutarlo a fare un cammino di fede. Prima dell’incidente Francesco al massimo andava a messa con i bambini, ma la religione non incideva per nulla nella sua vita.
Da allora la vita di Francesco è cambiata radicalmente, è diventata segno e testimonianza di speranza. Francesco ha scoperto quel Dio Buono che non conosceva. Ha scoperto di essere parte di un progetto, ha capito che la sua vita ha un significato per tante altre persone. Lui che pensava di essere consolato ora è compatito, ora consola gli altri.
La sua forza è quello di una persona che ha trovato attraverso le fede una ragione di vita profonda. E intorno a lui si sono raccolti tanti amici che lo vanno a trovare, a chiedergli consiglio, a raccontargli di sofferenze e dolori, ma anche di gioie, gente che va a rinnovarsi nella speranza.
“L’infermità non mi ha tolto la libertà di amare”, ha scritto nel libro “Correre … sulle ali del pensiero”. Centotrentasei pagine che raccolgono le poesie, i racconti e le lettere di Francesco, tutti fatti reali e concreti, corredati anche da altre testimonianze di amici e persone che hanno conosciuto e condiviso la sua vicenda ma anche di persone che hanno avuto esperienze simili.
Il libro testimonia quanto le persone disabili o rese disabili da incidenti possano contribuire a rafforzare l’attaccamento alla vita, l’amore gratuito tra le persone che cura più di qualsiasi altra medicina.
Insomma oggi Francesco è convinto che Dio lo abbia tenuto in vita per portare e comunicare speranza alle persone toccate dalla sofferenza.
Francesco ha sofferto moltissimo per come si è conclusa la vicenda di Eluana Englaro. Per questo il 22 febbraio ha deciso di stilare un testamento per la vita. Un segno per tutti coloro che amano la vita e rifiutano ogni forma di eutanasia.
ECCO IL TESTAMENTO:
“Sono un tetraplegico a causa di un incidente automobilistico fatto il 17 novembre 1998. Vivo e respiro grazie ad uno stimolatore iaframmatico collegato al nervo frenico (…).
Tenendo conto che qualora all’improvviso si dovesse fermare lo stimolatore mi resterebbero 4 minuti di vita e quindi andrei in coma con grosse lesioni cerebrali e dopo 13-15 minuti subentrerebbe la morte perché non potrei respirare dato che la mia lesione è altissima (cervicale C1-C2, quindi oltre alla tetraplegia ho anche i polmoni paralizzati), sono costretto a vivere nell’istituto di riabilitazione di Montecatone nel quale, all’interno, è presente un reparto di terapia intensiva dove potrebbero prestare soccorso al mio coma collegandomi ad un respiratore ed alimentandomi con la nutrizione enterale tramite un sondino nasogastrico.
Alla presenza di due testimoni, dichiaro quanto segue: ‘non permetto a nessuno, né il mio procuratore e/o procuratrice o un mio eventuale amministratore di sostegno di chiedere o autorizzare il famoso ‘distacco della spina’ e la chiusura del sondino d’alimentazione. Una sola cosa chiedo ai sanitari: non riversare sul mio corpo l’ormai famoso accanimento terapeutico ma usare le parole del loro giuramento e, secondo scienza e coscienza, fare tutto il possibile per tenermi in vita perché essendo io molto religioso dirò il mio volere: il Signore mi ha dato la vita e il Signore me la dovrà togliere”.
[Per poter avere il libro “Correre … sulle ali del pensiero”, basta scrivere all’autore all’ospedale di Montecatone, via Montecatone 37, 40026 Imola, tel. 0542/632811]
“Sono un tetraplegico a causa di un incidente automobilistico fatto il 17 novembre 1998. Vivo e respiro grazie ad uno stimolatore iaframmatico collegato al nervo frenico (…).
Tenendo conto che qualora all’improvviso si dovesse fermare lo stimolatore mi resterebbero 4 minuti di vita e quindi andrei in coma con grosse lesioni cerebrali e dopo 13-15 minuti subentrerebbe la morte perché non potrei respirare dato che la mia lesione è altissima (cervicale C1-C2, quindi oltre alla tetraplegia ho anche i polmoni paralizzati), sono costretto a vivere nell’istituto di riabilitazione di Montecatone nel quale, all’interno, è presente un reparto di terapia intensiva dove potrebbero prestare soccorso al mio coma collegandomi ad un respiratore ed alimentandomi con la nutrizione enterale tramite un sondino nasogastrico.
Alla presenza di due testimoni, dichiaro quanto segue: ‘non permetto a nessuno, né il mio procuratore e/o procuratrice o un mio eventuale amministratore di sostegno di chiedere o autorizzare il famoso ‘distacco della spina’ e la chiusura del sondino d’alimentazione. Una sola cosa chiedo ai sanitari: non riversare sul mio corpo l’ormai famoso accanimento terapeutico ma usare le parole del loro giuramento e, secondo scienza e coscienza, fare tutto il possibile per tenermi in vita perché essendo io molto religioso dirò il mio volere: il Signore mi ha dato la vita e il Signore me la dovrà togliere”.
[Per poter avere il libro “Correre … sulle ali del pensiero”, basta scrivere all’autore all’ospedale di Montecatone, via Montecatone 37, 40026 Imola, tel. 0542/632811]
2 mar 2009
PARADOSSALE E VERGOGNOSO
FRANCIA:
"A 18 ANNI SEI TROPPO PICCOLA PER BERE ALCOLICI, MA ABBASTANZA GRANDE PER ABORTIRE!"
DOPO L'ABOMINIO DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE E LE NEFANDEZZE DI NAPOLEONE, LA FRANCIA SI DISTINGUE ANCORA PER LA SUA IRRAZIONALITA':
E' MOLTO CORRETTO POLITICAMENTE VIETARE ALCOL A RAGAZZINE DI 18 ANNI (non sta bene ubriacarsi così giovani) E PERMETTERE LORO DI DISTRUGGERSI CON LA PORNOGRAFIA E IL SESSO LIBERO E POI MASSACRARE I LORO FIGLI CON L'ABORTO!
VORREI INVIARE UNA PETIZIONE: FUORI LA FRANCIA DALL'EUROPA CIVILE (se ne è rimasta almeno un po'!)
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