27 dic 2009
SANTI MARTIRI INNOCENTI
26 dic 2009
LA FAMIGLIA
15 dic 2009
VIOLENZA
31 lug 2009
IL VELENO RU-486
20 giu 2009
ABORTO
9 giu 2009
E' TORNATA LA LIBERTA'
21 mag 2009
LA SCIENZA NON SI PUO' SEPARARE DALLA FEDE
Mi viene in mente Lemaitre, proprio mentre esce il film Angeli e Demoni, in cui si narra la fantasiosa storia della setta degli Illuminati che combatte la Chiesa cattolica per vendicare una presunta persecuzione degli scienziati nei secoli passati: non si perde insomma occasione per ritirare fuori l’antica tiritera dell’oscurantismo della Chiesa verso la scienza. Nulla di più falso, perché Lemaitre non è una “mosca bianca”. Sapete che mestiere faceva il padre della moderna genetica, Gregor Mendel? Era frate agostiniano nel monastero di Brno, in Slovacchia all’inizio del secolo scorso. E, incredibile a dirsi, chi inventò la fecondazione artificiale? Lazzaro Spallanzani… sacerdote emiliano del settecento, che trovava il tempo di sperimentare la fecondazione extracorporea (con la sola differenza rispetto ad ora, che lui non si sognava di applicarla alle persone) mentre svolgeva il suo apostolato tra Reggio Emilia e Pavia. Dunque, tanti scienziati sono cristiani convinti.
Strano? Non tanto: il vero ostacolo alla scienza viene da chi vuole censurare qualcosa: non è certo la Chiesa che nega che neonati e disabili gravi siano persone, che nega l’evidenza che un bambino prima di nascere non sia altro che un bambino, che nega l’evidenza che la droga sia un pericolo per la salute, o che certe tecniche di fecondazione in vitro possono avere dei rischi e vadano valutate meglio. Nel fare ricerca scientifica, cristiani e non cristiani collaboriamo su tutto, e spesso ci si trova d’accordo proprio su quei temi che i media dipingono a torto come appannaggio di una parte culturale. La ricerca scientifica ad esempio non può prescindere dal principio di precauzione e dal rispetto per l’essere umano in ogni stato di sviluppo, che è proprio quello cui la Chiesa richiama.
Non solo: via la favola che la scienza non deve avere limiti morali cui si richiamano certi giornali laicisti: la ricerca li deve avere eccome… altrimenti chiunque entrasse in un ospedale per un mal di testa non potrebbe aver la certezza che i suoi dati non saranno violati o che lui stesso non venga usato per esperimenti. Per questo esistono norme ferree, sancite in protocolli universalmente riconosciuti, non adempiendo i quali una ricerca resta carta straccia. Infine, tanti scienziati, in particolare chimici ed ecologisti laici, non vedono certo di buon occhio chi mette le mani nel genoma umano, alterando la naturale biodiversità. Certo che la ricerca non deve avere censure, ma le censure vengono proprio da un fronte che non è quello della Chiesa: nel 2005 l’importantissima rivista scientifica Nature bacchettava in un famoso editoriale quei biologi che ad un congresso volevano abolire la parola embrione perché “troppo carica” di significati morali.
Il film Angeli e Demoni è un thriller che come tanti altri ha diritto ad esprimere opinioni, incuriosire e divertire. Ma attenzione a volerne estrarne un quadro serio di una Chiesa oscura e antiscientifica… in un mondo in cui sono altri e non la Chiesa ad essere antiscientifici. La stessa scienza smentisce questo pregiudizio; la Chiesa sa bene insegnare l’unico atteggiamento serio di fronte alla natura: lo stupore.
4 mag 2009
L'OCCIDENTE NON HA IL DIRITTO DI IMPORRE IL PRESERVATIVO
ROMA, lunedì, 4 maggio 2009
Con queste parole, un gruppo di studenti del Camerun ha reso pubblica in Europa una lettera aperta, ricevuta da ZENIT, contro gli attacchi al Papa per le sue parole sul preservativo durante il viaggio apostolico in Camerun e Angola del marzo scorso.
Nel testo, si chiede al direttore esecutivo del Fondo Mondiale per la Lotta all'Aids, ai deputati del Belgio, ai Ministri della Sanità spagnolo e tedesco e al Ministro degli Esteri francese di "chiedere pubblicamente scusa" al Papa e agli africani.
Il gruppo denuncia che la stampa occidentale ha "strumentalizzato ingiustamente, in una violenta campagna mediatica sapientemente orchestrata", le parole del Papa, e che gli attacchi ricevuti dal Pontefice rappresentano "una vergognosa ingerenza nella realtà africana".
I firmatari affermano che gli autori delle critiche hanno "identificato il continente africano come uno dei principali mercati di sbocco dei preservativi" per "far crescere così le loro economie nazionali. Il gioco è chiaro: le industrie dei preservativi sono in Occidente".
"Il Santo Padre ha toccato il nocciolo del problema, allarmando gli operatori di tale fiorente business in Africa", sostengono.
Per gli studenti, Benedetto XVI è stato usato come "capro espiatorio" per "difendere i loro interessi economici nascosti dietro l'esportazione massiccia dei preservativi in Africa e i loro meccanismi di esportazione nei Paesi in forte crescita demografica delle loro pratiche anticoncezionali".
"Promuovano e difendano l'uso del 'condom' a casa loro, anche perché tale scelta corrisponde alle loro concezioni antropologiche dell'essere umano, ma non hanno il diritto di imporre le loro scelte agli Africani", aggiungono.
In particolare, chiedono all'Occidente di chiedere perdono "per avere preso in giro gli africani presentandosi come veri benefattori, quando in realtà non lo sono".
"A che serve allora proteggere gli africani con il preservativo se vengono poi ammazzati da tanti meccanismi di sfruttamento o dalle armi da guerra d'interessi politici ed economici dai loro stessi benefattori?".
Gli africani "non muoiono di solo AIDS, e quindi è una menzogna che il preservativo 'salvi le vite umane' in Africa".
"Chiediamo, dunque a tutti questi presunti benefattori dell'Africa che la smettano una volta per tutte di speculare su di essa. Occorre invertire la tendenza: la povertà dell'Africa non deve più fare la ricchezza dei Paesi già sviluppati".
I firmatari chiedono infine al Fondo per la Lotta all'Aids di destinare i fondi di cui dispone "all'invio massiccio di trivelle per scavare i pozzi d'acqua e alla costruzione di impianti fotovoltaici per la produzione di energia solare, al fine di favorire una distribuzione massiccia di acqua e di luce".
"Sono questi i beni essenziali e decisivi per l'Africa e tutti gli attori della cooperazione internazionale allo sviluppo ne sono perfettamente consapevoli", concludono.
Per ulteriori informazioni, studentidelcamerun@yahoo.fr
3 mag 2009
TEMPI GRAMI PER I BAMBINI
E non si presta attenzione agli studi che mostrano le conseguenze sui bambini delle scelte degli adulti come, per esempio, il divorzio. Lo studio sull’ansia dei figli dei separati (Archives of General Psychiatry) ci mostra le colpe gravissime dei vari VIP che in TV sorridono e decantano le gioie dei vari matrimoni/separazioni avuti. Questa banalizzazione colpevole è una reale violenza sulle donne e sui bambini, nonché sui padri separati e privati dei figli. E’ una violenza fortissima perché non ammette repliche (”L’avete voluto liberamente,no? E allora di cosa vi lamentate?” viene furbescamente detto a chi soffre le pene dell’inferno dopo il divorzio). Tempi grami allora per i bambini, estranei nella società dei grandi, che hanno perso la possibilità di spostarsi autonomamente nelle città, che in casa non possono toccare nulla, che non possono più sporcarsi a piacimento, che non “giocano”, ma “fanno sport”, non “girano in bande” ma “vanno alle feste”. Il figlio-su-misura fatto in vitro è solo la conseguenza di questo sguardo di possesso sui bambini. Attenzione.
17 apr 2009
IN MOSTRA CADAVERI CINESI
La mostra ha suscitato l’attenzione allarmata di molti. Due organizzazioni per i diritti umani (”Ensamble contre la Peine de Morte” e “Solidarité Chine”) si domandano addirittura la provenienza dei cadaveri in un comunicato stampa agghiacciante. Vari intellettuali si sono dichiarati contro la mostra, ma anche il Comitato Francese di Bioetica si era pronunciato contrariato, paragonandola a puro voyeurismo che “induceva a uno sguardo tecnicistico sul corpo umano”.
La mostra ci porta a due riflessioni: la prima sul rispetto del corpo umano: non si dovrebbe usare il corpo di un defunto per mostrarlo al pubblico: il diritto alla riservatezza e al pudore esiste ben oltre la morte, almeno nella nostra cultura occidentale. In Francia si domandano come avrebbero reagito i media parigini se i corpi di 17 giovani francesi morti fossero stati esposti al pubblico all’altro capo del mondo. Inoltre, mettere i cadaveri in posizione innaturale per un morto, o addirittura farne delle sezionatore artistiche, come si vede nel sito della mostra, desta un allarme verso la “reificazione” possibile del corpo umano, il quale anche dopo la morte non è mai pari ad un ammasso di ossa e cartilagine, come dice il Comitato Francese di Bioetica a proposito: “I corpi rappresentati sono stati degli individui. La loro esibizione (e la loro reificazione) costituisce un attentato alla loro identità e dunque alla loro dignità?” Il secondo livello è quello del voyeurismo, che oggi dilaga sulla televisione in tanti telefilm in cui vengono realisticamente e cruentamente mimate autopsie, espianti, sezioni di cadaveri. Quale molla spinge l’uomo ad interessarsi dei visceri di un morto, ma anche a prender piacere dalla visione di una mostra di strumenti di tortura (ce ne sono molte in Italia)?
Certamente il gusto del sangue è sempre stato presente nelle favole e nei miti, dall’Orco che decapita i figli in “Pollicino”, ad Achille che dissacra il corpo di Ettore. Ma era chiaro che erano favole. Ora si fa un passo ulteriore, con la differenza che, forse scontenti della propria realtà, si cerca di entrare virtualmente in una realtà, in un corpo altrui altrui, di penetrarne le viscere, in modo realistico, senza tener presente - come nelle fiction TV- il rispetto che si deve ad un morto, al morto in carne ed ossa e a quello virtuale che, da che mondo è mondo, pietà laica e precetto religioso impongono di lasciar riposare in pace se non di onorare.
La mostra arriverà in Italia? E ci troverà in fila a pagare per vedere i 17 giovani ragazzi cinesi esposti alla nostra curiosità malinconica e avida? La risposta sta alla nostra sensibilità e al nostro amore per la sacralità della vita, e della morte.
12 apr 2009
20 SECONDI
8 apr 2009
FORZA ITALIA
Ridate speranza e fiducia nel genere umano. Siete un esempio per i giovani e un prezioso sostegno per chi soffre. Mi sono sentito parte di un corpo unico, di un corpo solo. La mia ITALIA! Quella che voglio, quella che sogno!
Prego per i miei fratelli aquilani ed abruzzesi che non ce l'hanno fatta. Prego per le loro famiglire. Prego per i vecchi che hanno perso la casa e gli affetti di una vita. Prego perchè il Signore prepari per loro una autentica Pasqua di Risurrezione.
Eprego infine per tutti quelli che si credono dio ma che con un soffio solo si ritrovano ad essere polvere.
2 apr 2009
UNA LEZIONE DI STORIA
Non riduciamo questo concetto al dibattito politico sulla corruzione all’interno di qualche partito. Ci sono problemi che si dimostrano molto più «questioni» e molto più profondamente e drammaticamente «morali». Nelson Mandela ebbe a dire che la situazione conflittiva nei territori di Gaza è diventata «la questione morale del nostro tempo». Se si dovesse fare una classifica, penserei che la vera questione morale del nostro tempo, in Italia e in molti altri paesi, è piuttosto quella dell’aborto. Milioni di donne nel mondo decidono di porre fine alla vita che cresce nel loro grembo; milioni di piccoli esseri umani vengono eliminati prima di poter vedere la luce del sole; milioni di donne e di famiglie soffrono di questa profonda lacerazione.
Una questione nella quale è in gioco il modo in cui noi, essere umani, vogliamo trattare altri esseri umani. Una questione nella quale, inoltre, è in gioco la nostra stessa concezione dell’essere umano e della sua dignità universale. In fondo, si tratta di una questione morale simile ad alcune tra le più dense e profonde che sono state affrontate dall’umanità lungo i secoli. Davanti a questioni simili non basta far finta di niente e tirare avanti, guardando altrove.
A questo proposito, può essere molto istruttivo richiamare la questione morale della schiavitù come si presentò nel dibattito sociale negli Stati Uniti due secoli or sono.
Nel 1857, la Corte Suprema americana emanò una sentenza (nel caso Dred Scott vs Sanford) che negava ai neri i diritti riconosciuti dalla Costituzione ai cittadini americani. Il testo della sentenza spiega che coloro che scrissero la Costituzione «non consideravano i negri portati come schiavi dall’Africa e i loro discendenti come cittadini, dato che all’epoca venivano ritenuti una classe di esseri subordinata ed inferiore, che era stata soggiogata dalla razza dominante, e, emancipati o meno, rimanevano soggetti alla sua autorità, e non avevano diritti e privilegi se non quelli che coloro che avevano il potere e il governo volessero offrire loro».
Potrebbe sembrare che la questione era stata definitivamente chiusa, niente meno che da una sentenza della Corte Suprema in un paese democratico nel quale le sentenze dettano legge. Quella sentenza, però, non risolse il dibattito sociale sulla schiavitù. L’anno seguente, infatti, ci furono i famosi sette dibattiti pubblici nello Stato dell’Illinois, in vista delle elezioni per il congresso americano, tra Stephen Douglas e Abraham Lincoln. Il tema centrale fu appunto la schiavitù[2]. Non la possibilità o meno di abolirla totalmente. La questione dibattuta era più semplicemente se si dovesse permettere l’estensione legale della schiavitù negli Stati del Nord, nei quali non era ancora stata legalizzata. Douglas accusò ripetutamente Lincoln di essere «abolizionista», grave insulto all’epoca, che indicava una persona che pretendeva di abolire totalmente la schiavitù. E la prova era che si era permesso di affermare pubblicamente che la Dichiarazione d’Indipendenza americana si applicava tanto ai neri come ai bianchi (affermazione che contrastava evidentemente con la sentenza della Corte Suprema appena citata). Lincoln accusava Douglas di voler «nazionalizzare la schiavitù», estendendola agli Stati del Nord.
L’argomentazione di Douglas è quanto mai significativa, anche per i nostri tempi: sono i cittadini a dover decidere democraticamente se vogliono o meno legalizzare la schiavitù nel proprio stato. Era la cosiddetta dottrina della Popular Sovereignty (Sovranità Popolare). In fondo, la schiavitù era legale in molti stati (era un fatto compiuto); e se i cittadini di altri stati la volevano, non si vedeva come qualcuno potesse opporsi a questa volontà democraticamente espressa. Tutti gli stati, dunque, dovevano avere il potere di escludere dall’ordine dei diritti le «razze inferiori».
Lincoln non argomentò a favore della completa eguaglianza sociale, ma affermò che Douglas ignorava l’umanità basica dei neri e il fatto che gli schiavi avessero lo stesso diritto alla libertà. Disse: «Concordo con il giudice Douglas sul fatto che egli [il negro] non è uguale a me in molti aspetti – certamente non nel colore, e forse neanche nella capacità morale o intellettuale. Ma, nel diritto a mangiare, senza il permesso di nessuno, il pane che guadagna con le proprie mani, lui è uguale a me e uguale al giudice Douglas, e uguale ad ogni uomo vivente».
E poi, caricò con forti espressioni, dicendo che non poteva non odiare lo zelo per diffondere la schiavitù: «Lo odio a causa della mostruosa ingiustizia della schiavitù stessa». Si chiedeva anche: «Se si fanno eccezioni alla Dichiarazione d’Indipendenza che dichiara il principio che tutti gli uomini sono uguali, dove si finirà? Se un uomo dice che non si applica al negro, perché non potrà dire un’altro che non si applica a un altro uomo?».
Fece anche un’affermazione importante sul futuro del dibattito: la crisi e il conflitto saranno superati solamente quando la schiavitù verrà posta «nella via della definitiva estinzione». Ebbe anche a dire che la schiavitù doveva essere considerata un male e si doveva impedire la sua espansione: «Questo è il vero problema. Questo è il problema che persisterà nel nostro paese, quando le lingue del giudice Douglas e la mia siano in silenzio. È l’eterna lotta tra questi due principi – bene e male – nel mondo intero».
Le elezioni per l’Assemblea Generale dello Stato furono vinte quell’anno dal partito di Stephen Douglas. Evidentemente, molti la pensavano come lui. Ma poi, nella corsa per la presidenza della nazione, Douglas fu sconfitto da Lincoln. La grave questione morale della schiavitù non si calmò; anzi fu, come sappiamo, uno dei fattori principali dello scoppio della terribile Guerra Civile americana. Solo dopo quella guerra, vinta dai «nordisti» contrari all’estensione della schiavitù, e per l’insistenza del presidente Lincoln, si arrivò alla sua abolizione, con il XIIIº emendamento della Costituzione, nel 1865. Solo in quel momento l’aspro dibattito sociale si avviò verso la fine, quando, come aveva detto Lincoln, la schiavitù stessa fu posta «nella via della definitiva estinzione».
Riflettiamo, dunque. Analizziamo, esaminiamo, meditiamo. Discutiamone. Non c’è sentenza giudiziaria, né piccola né «suprema», non c’è legge né risoluzione internazionale che possa cancellare la questione morale del nostro tempo. La coscienza umana si può oscurare ma non muore mai.
SUL PROSSIMO POST: IL NAZISMO: MASSIMA ATTUALITA'
24 mar 2009
PENSIERI E DEDICHE
- Ho imparato dalla malattia molto di ciò che la vita non sarebbe stata in grado di insegnarmi in nessun altro modo.(Goethe): dedicato ai radicali, al padre di Eluana, e a chi ti vuole ammazzare se ti ammali
- Chiuso il secolo dell'ateismo, si apre in Occidente quello del cinismo: un avversario forse meno provocatorio ma più subdolo.(Camillo Ruini) : dedicato ad Obama, Zapatero, Francesi e all'ONU
- Il buon senso c'era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune.(Alessandro Manzoni): dedicato ad alcuni "colleghi" del Liceo scientifico Leonardo da Vinci
- Non posso e non voglio tagliare la mia coscienza perché si adatti alla moda di quest'anno. (L.Hellman): dedicato a me stesso
- Il segreto dell’esistenza umana non sta soltanto nel vivere, ma anche nel sapere per che cosa si vive.(Fëdor Dostoevskij): dedicato a tutti gli atei che vivono nel buio
- Un neonato rappresenta il convincimento di Dio che il mondo deve continuare.(Carl Sandburg): dedicato a tutti quelli che hanno voluto la criminale legge sull'aborto
- Prima o poi arriva l'ora in cui bisogna prendere una posizione che non è né sicura, né conveniente, né popolare; ma bisogna prenderla, perchè è giusta. (M.Luther King): dedicata a Benedetto XVI con un ringraziamento speciale
l' essere umano è dal concepimento l'essere concepito da un uomo e da una donna. E ciò gli conferisce dall’inizio la sua identità.(Benoit Bayle, psichiatra perinatale) : dedicato ai capricci di alcuni omosessuali
21 mar 2009
LA SCIENZA DA' RAGIONE AL PAPA E CONDANNA ZAPATERO
venerdì 20 marzo 2009
Nel dibattito di ieri sulle parole del Papa a Yaoundè dedicate alla prevenzione dell’AIDS in Africa è stata omessa l’evidenza scientifica. Peraltro molto scarsa sul ruolo del condom nella prevenzione/riduzione della pandemia.Come hanno scritto dall’Uganda Filippo Ciantia e Rose Busingye su Lancet nel Marzo 2008, «la posizione tradizionale Cattolica sui condoms e l’AIDS è la più ragionevole e la più solida scientificamente nella prevenzione dell’epidemia di AIDS».In Uganda, paese simbolo dell’Africa sub-sahariana per la riduzione della prevalenza di sieropositivi dal 20 al 6%, l’approccio “ABC” all’AIDS (Abstain, Be faithful, use Condoms, cioè Astinenza, Fedeltà, Preservativi) è stato centrato su A e B e i dati sul declino della sieroprevalenza sembrano avvalorare questa scelta. «Il governo Ugandese – sostiene Stoneburner medico consulente dell’agenzia americana di cooperazione USAID – ha promosso A e B riducendo del 65% il casual sex, con una riduzione della prevalenza HIV del 75% nel gruppo di età tra i 15 e i 19 anni, del 60% tra i 20 e i 24 e del 54% nel complesso».Studi delle più importanti riviste scientifiche dimostrano che il declino dell’HIV in Uganda è attribuibile alla riduzione dei rapporti casuali cioè l’adesione alla B. In Uganda, Kenya e Zambia il cambiamento di comportamento in particolare la riduzione dei rapporti casuali e premaritali ha comportato una riduzione della sieroprevalenza.Lo stesso Lancet nel gennaio 2000 aveva paragonato il preservativo alle cinture di sicurezza che offrono una falsa percezione di protezione: infatti negli anni ’70 dopo averne introdotto l’obbligo aumentarono gli incidenti per l’aumento dei comportamenti a rischio. Concludeva l’articolo: «ci dovremmo chiedere perché la promozione del preservativo non ha effetto nei paesi del terzo mondo e se abbiamo il giusto equilibrio tra questi messaggi e quelli sull’invito alla riduzione dei partner». «Dopo 20 anni di pandemia, non c’è alcuna evidenza che più preservativi portino a meno AIDS» secondo Edward Green dell’ “Harvard's' Center for Population and Development Studies”. Norman Hearst della University of California San Francisco segnala un pattern allarmante di correlazione tra l’aumento della vendita di preservativi in Kenya e Botswana con un incremento della sieropravalenza da HIV. «Le più recenti metanalisi parlano di un’efficacia del preservativo attorno all’80%, ma si stanno educando generazioni di giovani in Africa che credono che sia sufficiente. Quello che conta è il numero dei partner.»In una review di 134 studi Monsignor Jacques Suaudeau del Pontificio Consiglio per la Famiglia sostiene che l’espressione “safe sex” usata per definire rapporti protetti debba essere sostituita più realisticamente da “safer sex”.L’approccio comportamentale all’epidemia è stato sostenuto sin dall’inizio dal presidente Ugandese Yoveri Museveni che nel 1992 al congresso Mondiale sull’ AIDS a Firenze affermò: «In paesi come i nostri, dove una madre spesso deve camminare per 40 km per ottenere un’aspirina per il figlio malato o 10 km per raggiungere l’acqua, la questione pratica di garantire una costante disponibilità di preservativi o il loro uso corretto non potrà mai essere risolta. Io credo che la miglior risposta alla minaccia dell’AIDS consista nel riaffermare pubblicamente e chiaramente il rispetto che ogni persona deve al suo prossimo. Dobbiamo educare i giovani alle virtù dell’ astinenza, dell’ autocontrollo e del sacrificio che richiede innanzitutto il rispetto per gli altri».Gli interventi di prevenzione dell’HIV in Uganda (in particolare la riduzione dei partner) nell’ultima decade hanno avuto l’effetto simile ad un vaccino medico efficace all’80%. Stoneburner lo definisce un vaccino sociale.Lo stesso presidente ugandese Yoweri Museveni più recentemente attaccò la distribuzione di preservativi ai bambini delle scuole elementari descrivendola pericolosa e disastrosa. «Non bisogna insegnare ai bambini come usare i preservativi. Aprirò una guerra sui venditori di condom. Invece di salvare vite umane promuovono la promiscuità tra i giovani. La promiscuità è la maggiore causa di diffusione dell’HIV/AIDS. I bambini a scuola dovrebbero essere educati alla ricerca di un partner per una relazione stabile per tutta la vita». Già nel 2004 in un report dal titolo Imparare a sopravvivere: come l’educazione per tutti salverebbe milioni di giovani dall’AIDS, consegnato al Fondo Monetario Internazionale e alla Banca Mondiale, l’Organizzazione Non Governativa britannica Oxfam stimava che, se tutti i bambini nel mondo avessero potuto completare l’educazione elementare, attraverso un accelerazione del cambiamento comportamentale, si sarebbero potuti prevenire 7 milioni di casi di infezioni da HIV nei 10 anni successivi. La ricerca svolta da Oxfam dimostra che i giovani tra i 15 e i 24 anni con educazione primaria hanno meno del 50% di possibilità di contrarre l’HIV di quelli senza educazione. «Sapevamo che c’era una correlazione tra livello di educazione e prevalenza di HIV – ha detto Mike Lawson che ha lavorato al report - ma non immaginavamo quanto l’educazione fosse importante per qualunque programma di prevenzione. Senza un’azione urgente, ci vorranno 150 anni prima che ogni bambino in Africa possa frequentare la scuola elementare. Rimandare oggi questo investimento significherà un incremento della povertà domani e condannerà i paesi colpiti dall’HIV a un futuro di sottosviluppo e dipendenza senza uscita».In un articolo del prestigioso British Medical Journal dal titolo La riduzione dei partner è cruciale per un approccio ABC bilanciato alla prevenzione dell’HIV, è stato sottolineato che «sembra ovvio, ma non ci sarebbe una pandemia di AIDS se non fosse per partnerships sessuali multiple». Gli autori sottolineano che nonostante l’evidenza di come la riduzione dei partner e la monogamia possa ridurre la diffusione dell’HIV, molti programmi danno poca attenzione a questi mezzi. «Noi crediamo che sia imperativo iniziare ad includere messaggi sulla fedeltà reciproca e la riduzione dei partner nelle attività volte al cambiamento comportamentale sessuale».(Andrea Costanzi, medico chirurgo)
19 mar 2009
AGGRESSIONE A BENEDETTO XVI
11 mar 2009
FOLLIA LAICISTA
10 mar 2009
OBAMA: HITLER NERO!
7 mar 2009
BAMBINA STUPRATA DUE VOLTE!!!!!
RIPOSI IN PACE. NOI ALTRI NO!
Suo padre, Beppino, chiede di essere lasciato solo, in silenzio. E non ha l'obbligo di leggere quello che scriviamo. Ma noi non possiamo tacere, come se fosse calato il sipario alla fine di un lungo spettacolo drammatico: chi piange, chi applaude, chi commenta... E tutti a casa, per tornare alla vita reale. No, quello che abbiamo vissuto tutti, è vita reale. Anzi, morte reale. Più precisamente: omicidio reale.
I significati e le conseguenze di questi fatti e dei fiumi di parole, argomentazioni, slogan e imprecazioni che hanno invaso tutto il paese intorno a questa vicenda, sono enormi. E vanno ancora al di là della vita preziosa di Eluana Englaro. Toccano più o meno direttamente altre 2500 persone che si trovano in stato simile al suo. Si ripercuotono poi inevitabilmente su tante altre persone che soffrono o possono soffrire situazioni mediche in base alle quali qualcuno tenderà di nuovo a dire: "È già morto... E' solo un vegetale... È una vita indegna di essere vissuta...". Ed eventualmente spingere per una fine simile a quella di Eluana.
Non possiamo riposare in pace. Abbiamo l'obbligo morale di "tormentarci", di riflettere, di imparare e di trarre le dovute conclusioni, etiche e legali.
In questo sforzo di riflessione, possiamo per esempio chiederci: chi era Eluana? Non: chi era quella bella ragazza bruna, sempre sorridente, che abbiamo visto mille volte e che abbiamo imparato ad amare.
Chi era la Eluana sul cui destino abbiamo tutti discusso appassionatamente: a casa, nel bar, nei tribunali, nelle radio e le tv, e alla fine, troppo tardi, anche al Senato. Chi era, come si trovava veramente, qual era la sua immagine reale?
Possiamo forse ricordarla? No, non ci hanno fatto vedere nemmeno un solo scatto. Sembrerebbe la cosa più logica: il padre voleva custodire giustamente la sua intimità. Possiamo, però, ricordare l'immagine di Terry Schiavo, la donna americana fatta morire nel 2005 perché si trovava, anche lei, in stato vegetativo persistente? Certo che ci ricordiamo!
Quelle immagini, non potremo mai dimenticarle. Qual è la differenza? Molto semplice: in quel caso doloroso, qualcuno voleva che vedessimo. Nel caso doloroso di Eluana si voleva che non vedessimo.
I genitori di Terry (non il marito, Michael, che la portò fino alla morte) volevano che noi la vedessimo, affinché potessimo capire. Volevano che la gente, i giudici e tutti, potessero comprendere che Terry non era un vegetale; che era una persona viva che apriva e chiudeva gli occhi, che respirava perfettamente senza alcuna macchina, che reagiva sorridendo - solo meccanicamente? - alle carezze della mamma.
Il signor Englaro faceva bene a proteggere la privacy della figlia. Ma intanto, per 10 anni è andato in tutte le televisioni e radio di questo paese a parlare di Eluana, mostrando le sue foto - solo quelle anteriori all'incidente - e facendo diventare sua figlia un "caso pubblico". Un caso doloroso che ha toccato, anzi ferito, tutti noi. Ma noi non l'abbiamo vista. Evidentemente si voleva che non vedessimo, affinché non potessimo capire.
E allora, nel nostro doveroso sforzo di riflessione, dobbiamo tentare di vedere per capire. Conosciamo sempre più casi di persone che escono dallo stato vegetativo, anche dopo parecchi anni. Sappiamo di Salvatore Crisafulli, uscito dopo due anni. Ma chi ha seguito il tema da tempo, conosce anche tanti altri: Patti White Bull, dopo 16 anni; il polacco Jan Grzebski, dopo 19 anni; Terry Wallis, dopo 19; Massimiliano N., dopo 10...
In tutti questi casi, come in molti altri, gli interessati raccontano di aver sentito, capito, patito e addirittura di aver tentato di comunicare. Motivati da queste esperienze innegabili, l'equipe medica inglese guidata da A.M. Owen, ha voluto verificare l'eventuale attività cerebrale in una giovane in stato vegetativo persistente.
L'articolo scientifico pubblicato sulla rivista Science nel 2006 ha lasciato attoniti i più increduli: la Risonanza Magnetica Funzionale ha mostrato l'attivazione delle varie zone cerebrali, in corrispondenza con gli inviti da parte dei ricercatori ad immaginare di salire delle scale piuttosto che di giocare una partita di tennis, in maniera esattamente uguale a quanto evidenziato nel cervello dei "soggetti di controllo" sani.
Infatti, gli esperti si convincono sempre più - come riferisce un testo pubblicato due mesi fa dal President's Council of Bioethics degli Stati Uniti - del fatto che in queste situazioni "la valutazione clinica si limita a misurare la capacità di rispondere all'ambiente" e che "ci sono buone ragioni per essere molto cauti prima di assumere che la vita cosciente si sia estinta".
Certo, alcuni continueranno a dire, nonostante queste conferme sempre più numerose e schiaccianti, che comunque si tratta di vite "non degne di essere vissute", al punto che provocare la loro morte sarebbe una "liberazione".
In fondo si tratta di una profonda corruzione ideologica in relazione al valore della persona, di ogni persona umana. Corruzione che si esprime in quella che Giovanni Paolo II chiamò "Cultura della morte".
Con questa espressione non denunciava la nostra società come se fosse tutta assetata di sangue e di morte. La "cultura della morte" consiste in una mentalità - plasmata in una serie di realtà sociali - che, avendo perso di vista il valore intangibile di ogni vita umana, la considera come un bene relativo e disponibile per la libertà dell'individuo, così che considera la morte come la soluzione migliore davanti a certi problemi e l'opzione per essa un diritto che la legge deve riconoscere all'individuo.
Nel caso di una gravidanza non desiderata, pericolosa o problematica, la soluzione è la morte del nascituro; se si tratta di un malato in stato grave che non trova senso per la sua vita, la soluzione è anticipare "dolcemente" la sua morte; se si desidera portare avanti la ricerca per eventuali cure future con le cellule staminali pluripotenti, la soluzione passa attraverso la distruzione di embrioni umani. La morte, non come un bene desiderabile, ma sì come soluzione per la quale si può, e addirittura conviene, optare.
In verità dovremmo parlare, non di "cultura", ma di "anti-cultura". Cultura dice coltivazione dello spirito umano nella società. Qui stiamo tornando invece allo stato selvaggio, non coltivato. Stiamo tornando indietro. Le conseguenze, se andiamo in quella direzione, saranno abissali.
Non possiamo, dunque, tacere e chiudere gli occhi della mente e del cuore. Eluana riposi in pace. Noi no.
Gonzalo Miranda, L.C.
Facoltà di Bioetica
Regina Apostolorum, Roma
5 mar 2009
UN TESTAMENTO PER LA VITA
Aveva 41 anni, sposato con due figli, un buon lavoro, aveva acquistato una casa e pensava di continuare a vivere serenamente.
Ma un giorno accadde il dramma: un incidente stradale, è gravissimo, si salva ma a quali condizioni?
Completamente paralizzato, riesce a muovere solo la testa, il midollo è lesionato all’altezza della cervicale. Ha difficoltà a respirare e quindi vive solo grazie ad uno stimolatore diaframmatico. La sua condizione è molto peggiore di quella di Eluana.
Eppure, dopo la disperazione Francesco Miceli ha ritrovato il senso della vita. Non ha cercato più la morte, non si è più lamentato della sua condizione, non ha più pensato solo a sé.
Ha cominciato a dedicarsi alla consolazione degli altri. Ha offerto la sua testimonianza per suscitare speranza. Ha scoperto la fede e con essa ha capito di poter fornire aiuto a chi dispera.
Francesco ha raccontato che nei primi sei mesi dopo l’incidente non ha pensato altro che a come suicidarsi. Era accecato dalla disperazione e vedeva solo quello che aveva perso. Finché un giorno non ha incontrato Paolo Rosini, un conoscente della moglie, un diacono permanente di Modena.
Paolo era venuto a trovarlo all’ospedale ma Francesco non aveva voglia di parlare, voleva solo morire. Paolo però gli disse che la vita non era solo sua, che gli era stata data e non poteva disporne a piacimento. E poi, se era ancora vivo, di certo il Signore aveva un disegno.
Francesco rimuginò quelle parole per tutta la notte, ed il giorno dopo chiese a Paolo di aiutarlo a fare un cammino di fede. Prima dell’incidente Francesco al massimo andava a messa con i bambini, ma la religione non incideva per nulla nella sua vita.
Da allora la vita di Francesco è cambiata radicalmente, è diventata segno e testimonianza di speranza. Francesco ha scoperto quel Dio Buono che non conosceva. Ha scoperto di essere parte di un progetto, ha capito che la sua vita ha un significato per tante altre persone. Lui che pensava di essere consolato ora è compatito, ora consola gli altri.
La sua forza è quello di una persona che ha trovato attraverso le fede una ragione di vita profonda. E intorno a lui si sono raccolti tanti amici che lo vanno a trovare, a chiedergli consiglio, a raccontargli di sofferenze e dolori, ma anche di gioie, gente che va a rinnovarsi nella speranza.
“L’infermità non mi ha tolto la libertà di amare”, ha scritto nel libro “Correre … sulle ali del pensiero”. Centotrentasei pagine che raccolgono le poesie, i racconti e le lettere di Francesco, tutti fatti reali e concreti, corredati anche da altre testimonianze di amici e persone che hanno conosciuto e condiviso la sua vicenda ma anche di persone che hanno avuto esperienze simili.
Il libro testimonia quanto le persone disabili o rese disabili da incidenti possano contribuire a rafforzare l’attaccamento alla vita, l’amore gratuito tra le persone che cura più di qualsiasi altra medicina.
Insomma oggi Francesco è convinto che Dio lo abbia tenuto in vita per portare e comunicare speranza alle persone toccate dalla sofferenza.
Francesco ha sofferto moltissimo per come si è conclusa la vicenda di Eluana Englaro. Per questo il 22 febbraio ha deciso di stilare un testamento per la vita. Un segno per tutti coloro che amano la vita e rifiutano ogni forma di eutanasia.
“Sono un tetraplegico a causa di un incidente automobilistico fatto il 17 novembre 1998. Vivo e respiro grazie ad uno stimolatore iaframmatico collegato al nervo frenico (…).
Tenendo conto che qualora all’improvviso si dovesse fermare lo stimolatore mi resterebbero 4 minuti di vita e quindi andrei in coma con grosse lesioni cerebrali e dopo 13-15 minuti subentrerebbe la morte perché non potrei respirare dato che la mia lesione è altissima (cervicale C1-C2, quindi oltre alla tetraplegia ho anche i polmoni paralizzati), sono costretto a vivere nell’istituto di riabilitazione di Montecatone nel quale, all’interno, è presente un reparto di terapia intensiva dove potrebbero prestare soccorso al mio coma collegandomi ad un respiratore ed alimentandomi con la nutrizione enterale tramite un sondino nasogastrico.
Alla presenza di due testimoni, dichiaro quanto segue: ‘non permetto a nessuno, né il mio procuratore e/o procuratrice o un mio eventuale amministratore di sostegno di chiedere o autorizzare il famoso ‘distacco della spina’ e la chiusura del sondino d’alimentazione. Una sola cosa chiedo ai sanitari: non riversare sul mio corpo l’ormai famoso accanimento terapeutico ma usare le parole del loro giuramento e, secondo scienza e coscienza, fare tutto il possibile per tenermi in vita perché essendo io molto religioso dirò il mio volere: il Signore mi ha dato la vita e il Signore me la dovrà togliere”.
[Per poter avere il libro “Correre … sulle ali del pensiero”, basta scrivere all’autore all’ospedale di Montecatone, via Montecatone 37, 40026 Imola, tel. 0542/632811]
2 mar 2009
PARADOSSALE E VERGOGNOSO
20 feb 2009
UNA SPERANZA PER LE MAMME ABORTISTE
Sembrerebbe trattarsi di una malattia come tante: “sindrome ansioso-depressiva; colite psicosomatica; ipertensione arteriosa da stress..”. Ma la sindrome del post-aborto è anzitutto una paralisi dell’anima, e come tale solo il Figlio di Dio la può guarire radicalmente. I suoi sintomi sono una conseguenza della perdita della pace del cuore, poiché l’aborto è una tragedia che consiste anzitutto nella decisione omicida della coscienza personale, davanti a Dio, a se stessi e al bambino nel grembo.
Non poche volte, nel mio confessionale, ho ascoltato madri che per anni, perfino decine di anni, non avevano trovato il coraggio di varcarne la soglia dopo avere abortito. E quale gioia cresceva dentro di me, mentre le ascoltavo tra fiumi di lacrime, sapendo che di lì a poco sarebbe ancora una volta accaduto ciò che annuncia oggi il profeta Isaia: “Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa. Io, io cancello i tuoi misfatti per amore di me stesso, e non ricordo più i tuoi peccati” (Is 43,18-25). Queste parole descrivono gli effetti vitali del Sacramento della Riconciliazione.
Si sente dire spesso che per perdonare è necessario dimenticare: non è vero e non è possibile!
Allo stesso modo in cui il paralitico non potrebbe alzarsi se gli si dicesse: dimentica le tue gambe, alzati! E’ Dio che cancella dalla Sua memoria i nostri peccati, come annuncia oggi Isaia, e di conseguenza il loro ricordo non è più velenoso per l’anima, perché il Suo perdono purifica la nostra memoria.
Ma ciò accade solo quando ci accostiamo al trono della sua Misericordia, nel confessionale, poiché dipende da noi rimuovere...l’eclissi.
L’uccisione di un figlio nel grembo, infatti, in qualunque modo e tempo avvenga, opera un’eclissi totale interiore che intercetta la luce e il calore del Sole divino che dimora nell’anima e le da’ la vita; di conseguenza l’intera persona è precipitata in una “foiba” di morte interiore. E adesso, chi può spostare il pianeta dal cielo dell’anima?
L’aborto è il più grande distruttore della pace del cuore di un genitore, specialmente della madre, ma anche del padre, poiché è un atto che devasta le radici dell’essere personale, ontologicamente caratterizzato dalla maternità e dalla paternità.
E’ stata la mano di Dio a plasmare la donna, comunicandole la maternità dell’essere. L’aborto non distrugge solo il bambino, ma anche la struttura materna personale della mamma, come le acque del diluvio distrussero tutto ciò che Dio aveva creato con mirabile ordine ed armonia perfetta.
E come Dio rinnovò la Sua creazione facendo “passare un vento sulla terra e le acque si abbassarono.. ed ecco, la superficie del suolo era asciutta” (Gen 8,1.13), così Egli fa passare il medesimo Vento nel confessionale, cioè manda “nell’armadio” lo Spirito Creatore a guarire la coscienza della donna che ha abortito, sollevandola dalla paralisi interiore. Egli, infatti, “lava ciò che è sordido, sana ciò che sanguina, bagna ciò che è arido, scalda ciò che è gelido..” (Sequenza), operando dall’intimo dell’essere poiché “ci ha conferito l’unzione, ci ha impresso il sigillo e ci ha dato la caparra dello Spirito (2Cor 1,21-22).
Certamente ciò non si realizza d’un tratto, o nel breve spazio di un pomeriggio in confessionale, allo stesso modo in cui, eseguito il trapianto del cuore, è poi necessaria per mesi la riabilitazione motoria. E’ necessario, allora, che il sacerdote diventi il padre spirituale che accompagna nel tempo la donna lungo il cammino di risurrezione intrapreso.
Ma intanto, giorno dopo giorno, non se ne va la gioia donata al primo avvio, perché Dio ha realmente pronunciato il Suo “SI’” (2Cor 1,19), ha davvero rimosso l’eclissi, ed ora il Sole splende con tutta la sua forza: “Sia benedetto il Signore, Dio d’Israele, da sempre e per sempre” (Salmo 40,14).
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* Padre Angelo, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E' diventato carmelitano nel 1987. E' stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.
18 feb 2009
GAY PRIDE SANREMO
15 feb 2009
MISSIONARIO IN PARAGUAY RESTITUISCE L'ONOREFICENZA A NAPOLITANO
Il 2 giugno scorso il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, gli aveva conferito il titolo di Cavaliere dell’Ordine della Stella della solidarietà. Mercoledì, don Aldo ha restituito l’onorificenza a Napolitano a causa della mancata firma del decreto che avrebbe arrestato il protocollo medico per Eluana Englaro.
“Come posso io, cittadino italiano, ricevere simile onore quando Lei, con il suo intervento, permette la morte di Eluana, a nome della Repubblica italiana?”, si è chiesto.
“Ho più di un caso come Eluana Englaro”, racconta Aldo Trento al “Foglio”. “Penso al piccolo Victor, un bambino in coma, che stringe i pugni, l’unica cosa che facciamo è dargli da mangiare con la sonda. Di fronte a queste situazioni come posso reagire al caso Eluana?”.
“Ieri mi portano una ragazza nuda, una prostituta, in coma, scaricata davanti a un ospedale, si chiama Patrizia, ha diciannove anni, l’abbiamo lavata e pulita. E ieri ha iniziato a muovere gli occhi”, afferma.
“Celeste ha undici anni, soffre di una leucemia gravissima, non era mai stata curata, me l’hanno portata soltanto per seppellirla. Oggi Celeste cammina. E sorride”.
“Ho portato al cimitero più di seicento di questi malati. Come si può accettare una simile operazione come quella su Eluana?”.
“Cristina è una bambina abbandonata in una discarica, è cieca, sorda, trema quando la bacio, vive con una sondina come Eluana. Non reagisce, trema e basta, ma pian piano recupera le facoltà”, prosegue.
“Sono padrino di decine di questi malati. Non mi interessa la loro pelle putrefatta. Vedesse i miei medici con quale umiltà li curano”.
Don Aldo Trento dice di provare un “dolore immenso” per la storia di Eluana Englaro: “E’ come se mi dicessero: ‘Ora ti prendiamo i tuoi figli malati’”.
Per il missionario, “l’uomo non si può ridurre a questione chimica”.
“Come può il presidente della Repubblica offrirmi una stella alla solidarietà nel mondo?” Così ho preso la stella e l’ho portata all’ambasciata italiana del Paraguay”.
“Qui il razionalismo crolla lasciando spazio al nichilismo – commenta – . Ci dicono che una donna ancora in vita sarebbe praticamente già morta. Ma allora è assurdo anche il cimitero e il culto dell’immortalità che anima la nostra civiltà”.
9 feb 2009
ITALIA NAZISTA
Ora il padre piange. Uno spettacolo raccapricciante! Eluana è stata ammazzata dal padre, da alcuni magistrati e dal veto di Napolitano. Complimenti: avete dato uno spettacolo indegno dell'essere umano! Che Dio possa perdonarvi, che Dio possa perdonare l'atrocità nazista della vostra scelta. Mi vergogno profondamente che l'Italia abbia mostrato la sua parte peggiore, la sua sete di morte. Certo non c'è da meravigliarsi visto che ogni giorno madri italiane ammazzano i loro figli con l'aborto. L'unica grande consolazione è che la stragrande maggioranza del popolo italiano reputa disgustosa la scelta di ammazzare Eluana. Grazie Berlusconi per il tentativo che hai fatto. Grazie a tutto il governo di centro destra, al suo coraggio. Grazie al Parlamento italiano che ha provato a frenare la condanna a morte di Napolitano, purtroppo invano.
Ora fate una buona legge affinchè mai più nella storia si ripeta un barbaro assassinio di Stato come quello per la povera Eluana. Che Dio ti abbia in gloria!
6 feb 2009
NAPOLITANO, CHE VERGOGNA!
30 gen 2009
VERGOGNA COMUNISTA
25 gen 2009
OBAMA, DITTATORE NERO
22 gen 2009
DIO E' GRANDE
Stojan Adasevic, noto medico abortista serbo, che in 26 anni ha praticato personalmente, stando ai suoi calcoli, da 48000 a 62000 aborti (riusciva a fare fino a 35 aborti al giorno lavorando anche 9 ore di fila in sala operatoria) è oggi uno dei massimi esponenti del diritto alla vita nel suo Paese.
La sua storia è incredibile:
Quando era un giovane studente universitario di medicina, un giorno sentì discutere alcuni ginecologi di un caso di interruzione di gravidanza non riuscita, da loro praticata molti anni prima. Riguardava una dentista di una clinica vicina all'università, che si era rivolta a quei ginecologi per eliminare il bambino che portava in grembo; ma il bimbo nacque lo stesso. Quel bambino "nato lo stesso" era proprio lui, Stojan Adasevic. Decise, convinto dalla scuola marxista che l'aborto altro non era che una procedura medica come le altre, di dedicarsi quasi esculsivamente ad operare donne che volevano interrompere la gravidanza.
Divenne un medico famoso per la quantità di aborti che riusciva a praticare. Ma una notte di 26 anni fa, fece uno strano sogno: vide un campo pieno di bambini e di giovani che giocavano e ridevano; avevano dai 4 ai 24 anni, e scappavano da lui. Quando riuscì ad afferrarne uno, questi gridò: "aiuto! un assassino! salvatemi da questo assassino!". A quel punto, sempre in sogno, gli apparve uno che si presentò cone san Tommaso d'Aquino (che Stojan, educato in scuole comuniste, non aveva mai sentito nominare) e gli rivelò essere quei bambini e quei giovani "quelli che tu hai ucciso quando praticavi gli aborti". Scosso, ma non abbastanza da desistere dalla sua attività di medico assassino, un giorno, operando un aborto, estrasse dall'utero di una donna i pezzi di un feto: "la mano si muoveva ancora, il cuore pulsava". La donna in questione iniziò ad avere abbondanti perdite di sangue, la sua vita era in pericolo e per la prima volta in vita sua Stojan, ateo convinto, si ritrovò a pregare: "Signore, salva questa donna, non me!".
Fu esaudito. E quello divenne il suo ultimo aborto. Da allora si è dedicato alla difesa della vita umana e ancora oggi tiene conferenze e incontri per mostrare a tutti la tragedia dell'aborto.
20 gen 2009
UOMINI LIBERI O MACCHINE?
Scoperto l'ormone che rende le donne infedeli
A parte che potrebbe anche essere che la presenza di alti tassi di estradiolo non rende le donne più infedeli ma solo... più bugiarde nel rispondere a un questionario, pensate davvero che una perché è "discreta" debba essre per forza infedele? Insomma: dubito che tutto dipenda dagli ormoni. Ma c'è di più: questo cercare di giustificare comportamenti sbagliati (eccome!) con la chimica non mi piace: noi valiamo di più delle molecole che ci compongono e che girano nel nostro corpo e l'errore esiste... per fortuna; altrimenti saremmo solo macchinette (e a qualcuno fa comodo dipingerci così).
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