CAPITOLO 5: FORZA DI VOLONTÀ'
PESCARA, 12 DICEMBRE 1965.
"Presto, presto! Preparate la rianimazione! La stiamo perdendo! Ossigeno, ossigeno"! Il primario del reparto ginecologico della clinica Pierangeli sembrava impazzito. In 25 anni di attività professionale non aveva mai visto morire una donna a causa di un parto.
Il cuore aveva ripreso, se pur debolmente, un battito regolare, ma la prognosi era riservata. La vita di Angela Giusto era attaccata ad un filo: aveva voluto questo figlio a tutti i costi pur sapendo in pericolo la propria esistenza.
"Partorire a quarantadue anni" l'avevano avvertita tutti i medici "è assai rischioso, tenendo anche in considerazione le difficoltà enormi che lei ha sopportato durante la prima gravidanza".
Già, Angela Giusto quattro anni prima aveva messo al mondo un bambino bellissimo, Carlo, ed era stata forse la sua prima vera soddisfazione dopo una vita di stenti e sacrifici.
Angela era nata in un piccolo paese dell'Abruzzo, Pratola Peligna, da genitori poverissimi. La madre, Isolina, si alzava alle quattro del mattino per lavorare i campi, accudire la casa, onorare il Tempio di Dio e sfamare i suoi cinque figli. Il padre, Alfredo, aveva fatto di tutto: il contadino, il muratore, il falegname e il legionario in Spagna al fianco di Franco, durante il fascismo. Ma tutto quello che riuscivano a mangiare era una manciata di fagioli oppure un pezzo di pane e lardo.
Angela però soffriva soprattutto a causa dell'ignoranza dei suoi compaesani, delle barriere culturali, dell'invidia, della gelosia, del pettegolezzo, della maldicenza. Lottò con tutte le sue forze per emergere da quel piccolo ambiente contadino.
Amava lo studio, i classici e in particolare il latino.
Se ne accorse la sua maestra, una ricca signora toscana capitata per sbaglio in quella vallata d'Abruzzo. La maestra pagò gli studi di Angela fino ai 18 anni.
Ma lei voleva continuare. Voleva laurearsi. Fu costretta a lavorare sodo: dieci ore di lezioni private al giorno per potersi mantenere all'università e per pagare le costose cure alla madre che intanto si era ammalata di cancro.
Ma l'impegno, la tenacia, la volontà di ferro, la passione per gli studi ed una grande intelligenza la portarono al dottorato in lettere in poco meno di quattro anni.
Morì la madre. Angela dovette accudire la sorellina, molto più piccola di lei, Antonietta.
Si trasferì a Pescara, con la sorella, perché lì aveva vinto la cattedra per l'insegnamento dell'italiano e del latino. E fu a Pescara che conobbe suo marito, Alberto, professore di storia e filosofia.
Poi la morte di Antonietta, dopo un anno di agonia.
Il gemito del bambino interruppe quel sordo frastuono di macchinari medici.
E' nato. Paolo è nato ed Angela ce l'ha fatta.
15 giu 2008
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