10 giu 2008

PUBBLICAZIONE GRATUITA

UN ESPERIMENTO EDITORIALE: VOGLIO OFFRIRE AI LETTORI DEL BLOG IL MIO PRIMO ROMANZO BREVE, VINCITORE DEL PREMIO INTERNAZIONALE HISTONIUM E TRADOTTO IN RUSSO PER UNA PROSSIMA PUBBLICAZIONE, OFFRENDO GRATUITAMENTE A PUNTATE QUOTIDIANE I 14 CAPITOLETTI DEL ROIMANZO BREVE.
IL TITOLO E' "UN NODO DEL MONDO", CASA EDITRICE TRACCE. E' UN TRILLER FILOSOFICO, DI NON FACILE LETTURA (SPECIALMENTE LA SECONDA PARTE). MA CONFIDO NELL'INTELLIGENZA E NELLA CULTURA DEI FREQUENTATORI DEL BLOG.
SONO MOLTO GRADITI INTERVENTI, COMMENTI, CRITICHE E GIUDIZI (ALLA FINE DELLA LETTURA O ANCHE CAPITOLO PER CAPITOLO).
ALLORA, BUONA LETTURA A TUTTI.
UN CONSIGLIO: STAMPATE I CAPITOLI PERCHE' SU CARTA LA LETTURA E' PIU' SCORREVOLE


CAPITOLO PRIMO: DESIDERI E SOGNI
Avevano tutto fuorché un figlio.
Vivevano in un castello del XIII° secolo pieno di storia e di arte. Quadri, affreschi, ceramiche avevano un prezzo inestimabile perché non si può acquistare con il denaro l'emozione del bello, l'eccitazione di viaggiare ad occhi aperti nel passato.
Vivevano in un castello con più di trenta stanze ma erano in due. Roberto Fazi era uno dei più grandi commercianti d'oro di tutto il mondo e sua moglie Maria un'attenta e raffinata collezionista. Per riempire i freddi vuoti delle stanze deserte Maria acquistava dipinti, mobili e suppellettili che dessero profumo storico agli ambienti desolati e passione culturale alla sua mente annoiata. La sua immagine preferita era rappresentata su di una grossa tela in cui Raffaello, aveva ritratto nel 1513 "la sacra Conversazione": la Madonna stringe fra le braccia il Bambin Gesù in un'atmosfera magica, spirituale, quasi mistica.
La signora Fazi passava ore intere in contemplazione di quell'opera d'arte. Non coglieva nessuno stimolo religioso ma solo una gran voglia di maternità. Negli occhi della Madonna vedeva solo l'amore di una madre. Ciò che lei non era.
Amava spesso ascoltare dalle sue amiche le imprese dei loro bambini alle prese con i primi passi, i dentini che spuntano e i mal di pancia. Erano storie che la facevano morire d'invidia: poteva avere tutto ma non un figlio. E quel desiderio non era un capriccio.
Maria aveva una grande voglia di amare il suo bambino, una creatura che colmasse il vuoto del castello e del suo cuore.
Roberto Fazi aveva costruito un vero impero economico: intere catene di gioiellerie nelle capitali d'Europa erano di sua proprietà. Girava il mondo con il suo jet privato.
Roberto contava amicizie tra governanti, imprenditori, costruttori, attori, cantanti. Piaceva alle donne. Il suo tempo lo dedicava però al lavoro, frenetico, snervante, e alla lettura di un buon libro e di tutti i quotidiani.
Un tempo amava sua moglie, una ragazza bellissima, ma l'assenza di un sorriso, l'incapacità di programmare insieme il futuro, avevano spento ogni entusiasmo e la loro convivenza oscillava tra la noia e l'indifferenza.
Il maggiordomo, con passo lento e deciso, si avviò verso il portone centrale. La servitù era schierata in alta uniforme lungo il corridoio d'ingresso. Il fuoco della fiaccola disegnava il grande viale d'accesso. Era tutto accuratamente preparato per ricevere amici e parenti in onore di Maria.
I primi a giungere al castello furono i genitori di Maria, una coppia semplice e affiatata che mai aveva voluto lasciare il proprio piccolo appartamentino e cambiar vita nel lusso e nello sfarzo.
Una vita di noioso e duro lavoro quotidiano aveva dato loro il prezioso dono del gusto del poco, e la prudenza necessaria per capire il pericolo sublimale nascosto nell'abbondanza.
"Un cavaliere bellissimo corazzato e armato fino ai denti che stermina bambine piccole e indifese, incurante dei suoi grandi occhi azzurri" Con questa favola Francesco il padre di Maria, metteva in guardia l'amata figlia dai sogni di ricchezza. E le raccontava delle potentissime armi nelle mani del cavaliere. Della superbia che ti illude di essere grande per poi bruciarti nel fuoco della solitudine; della paura che con brama frenetica ti fa accumulare denari e potenza sotto la minaccia costante di potere in un attimo prende tutto; della noia che intorpidisce la fantasia perché ogni sogno diventa facilmente realtà, ogni desiderio una realizzazione. e queste affilate armi penetravano con violenza nei molli cuori degli uomini illusi di accogliere gioie e piaceri.
Francesco e sua moglie, stimavano e rispettavano Roberto, ma appartenevano ad un altro mondo, e tutto era così strano.
Con un’automobile d'epoca che ben si intonava con la magnifica atmosfera di quel castello medievale, giunsero Mendez e Cristina, due giovani architetti, sposini novelli, legati a Roberto e Maria forse da una pericolosa ed insinuante voglia di trasgressione, nascosta quel tanto da lasciare nel dubbio e nel sospetto insieme, i quattro amici.
Poi arrivarono banchieri, deputati, finanzieri accompagnati da bambole da capogiro, prese in affitto per una serata di gala.
Il tintinnio dei calici di cristallo salutava il trentacinquesimo compleanno di Maria, ma lei non era li. I suoi sguardi e i suoi pensieri si erano abbandonati ad un gruppetto di bambini che si rincorrevano nella sala dei giochi che Roberto e Maria avevano fatto costruire nel castello come dono augurale ai pargoletti nascituri. Erano felici quei piccolini, tutti ben vestiti e sudati. Erano l'unica cosa viva tra quei freddi muri medievali.
I discorsi che accompagnarono la lunga cena toccarono tutti i punti della mondana nullificazione dell'individuo. Si parlò di antiche tenute personali nelle nobili campagne toscane, dell'insopportabile fastidio del sole dei Caraibi e della fondamentale differenza tra il tacchino farcito e bagnato nell'uovo ed il tacchino farcito senza l'uso dell'uovo. Scivolò via anche quella notte. Gli sguardi tra Mendez, Maria, Roberto e Cristina si erano incrociati tante volte con brama e desiderio come non era mai accaduto. Tra i Fazi calava lentamente un sipario che li allontanava ogni giorno di più.
In realtà era proprio l'impossibilità di concepire un figlio che aveva spento gradualmente Roberto e Maria.
Fazi aveva un impero ma non un successore. Alla sua morte sarebbe tutto finito, tramontato. Un impero tramandato da cinque generazioni destinato ormai a scomparire. La dinastia dei Fazi sarebbe stata annientata alla morte di Roberto, l'ultimo discendente.
E allora perché continuare a lavorare, a produrre, a crescere? A quale scopo? Per chi?
No, non poteva finire così, niente avrebbe rotto la potenza e l'immortalità dei Fazi.
Niente, neanche la più terribile delle malattie genetiche.
Questi pensiero tormentavano la mente di Roberto. Lo assillavano, lo facevano impazzire.
"Un figlio vuol dire eternarsi, continuare a vivere per sempre in tuo figlio e nel figlio di tuo figlio ". Le parole del padre gli tornavano spesso nel ricordo e gli infliggevano un terribile senso di responsabilità perché la sua infecondità e quella di Maria avrebbero interrotto il sogno di immortalità e di onnipotenza dei suoi avi.
E poi sapeva che la nascita di un bambino voleva anche dire riconquistare sua moglie, la donna che aveva amato con passione ardente e sincera e che ancora rispettava e stimava profondamente.
Avevano tutto, fuorché un figlio.
Spesso in casa si era parlato di adottare un bambino. Una soluzione che soddisfaceva a metà i desideri della coppia.
Quella sera a cena si riaccese la discussione.
" E' oggi il mio trentacinquesimo compleanno. Speravo che mi avresti regalato... beh insomma ci sono tanti bambini che aspettano una famiglia in cui vivere. E invece sempre queste pietre gelide " si lamentò Maria.
Roberto aveva preferito festeggiare nel castello, a lume di candela, cercando quell'intimità perduta da tempo.
" Abbiamo già esaminato la possibilità dell'adozione " replicò il marito "ma sai che non funzionerebbe. Non sarei capace di aiutare a crescere una creatura concepita da un altro uomo. Non lo sentire mai figlio mio ".
" Già" continuò Maria tra l'ironico e il risentito "non lo sentiresti figlio tuo. Impareresti ad amarlo e comunque porterebbe lo stesso tuo cognome, e..."
"...e il sangue di un altro " la interruppe Roberto.
Quella sera andò tutto male: il pasto lasciato a metà, il collier di diamanti dimenticato sul tavolo e una notte d'amore trascorsa in stanze diverse.
Il matrimonio era ormai allo sfascio. I due erano uniti insieme solo dal vago sogno di avere, un giorno, un figlio e dalla
disperazione di trascorrere una vita in solitudine.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

"...il sangue di un altro",non so come andrà a finire questo libro,ma questa frase è atroce spero che nessun ragazzo o ragazza adottato,legga questa frase.La legge del sangue non è una legge,migliaia di genitori naturali fanno del male ai propri figli,tanti altri li amano moltissimo esattamente come tanti genitori adottivi.Caro SCRITTORE,non si scrivono queste frasi se non le si sentono dal profondo del proprio inconscio,lei mi dirà che magari il libro avrà una altra svolta.....certe frasi non si scrivono se non si sentono interiormente.Lei si professa un grande Cristiano,ha fatto un solo grande errore,creando questo BLOG,è emersa la sua vera natura..non molto umana.Mi dirà che avrebbe adottato anche lei ,SE NON AVESSE AVUTO FIGLI,ne avrebbe potuto adottare MILLE,ma un FUTURO GENITORE ADOTTIVO VERO!!!,non avrebbe mai potuto scrivere,neanche come licenza letterale qualcosa sulla legge del SANGUE,ma è perfettamente in sintonia con questo BLOG.Firmato Genitore ADOTTIVO

robertorubino ha detto...

ti ringrazio per l'intervento.
non voglio entrare, per ora, nella discussione che hai impostato (lo faremo a fine lettura), ma ti ricordo che non tutti i personaggi di un romanzo sono piacevoli. Ciascuno ha una propria caratterizzazione ed interagisce con altri personaggi in scena. le idee espresse da un personaggio non sono sempre quelle dell'autore.
Comunque ritornerò volentieri sulla delicattissima questione del "sangue".
buona lettura

Anonimo ha detto...

genitore adottivo....è un libro....Si k il protagonista si kiama come il prof,xo....mika rubino deve pensarla cm il protagonista??cmq professò...aspetto l uscita del 3°capitolo...mi sta a intrippà....bello;)

Anonimo ha detto...

Caro prof ,chi ama non parla di SANGUE,tutta la mia solidarietà al GENITORE ADOTTIVO.ex alunna

robertorubino ha detto...

cara ex alunna,
allora Manzoni è cattivo perchè ha creato don rodrigo, Dante perchè ha creato l'inferno, e potrei continuare praticamente per tutti gli autori che siano mai esistiti.
La tua obiezione, scusa, ma è una pura sciocchezza. I personaggi di un romanzo vivono di vita propria.

robertorubino ha detto...

Che poi il personaggio Roberto Fazi non sappia amare, sono d'accordo con voi.

Anonimo ha detto...

ma fatevi un bel pacchetto di cazzi vostri ogni tanto

Anonimo ha detto...

Quoto.
aggiungo però "chi giudica non può amare."