CAPITOLO 7: IL PROCESSO
E c'erano proprio tutti i rappresentanti della stampa internazionale quella mattina nell'aula del Tribunale di Roma.
LUNEDI' 12 MARZO.
"Ha inizio il processo di primo grado contro Luca Fazi, accusato di omicidio volontario dei genitori Roberto e Maria Fazi".
Un metro e novanta di bellezza assoluta e curatissima, esaltata da un'eleganza fine e sobria; due grandi occhi blu attenti ma un po' spenti che scrutano con intelligente curiosità l'affannosa frenesia di decine di fotografi precipitati dalle varie redazione per immortalare un personaggio alle soglie della disfatta; le labbra serrate come se a fatica volesse trattenere un getto di parole di fuoco. Seduto sul banco degli imputati stava Luca Fazi accusato del gravissimo doppio omicidio volontario a scopo di lucro.
Erano pochi gli indizi a carico di Luca e probabilmente sarebbe stato prosciolto rapidamente se non fosse stato per l'importantissima rivelazione lanciata proprio da quell'amico di famiglia giornalista.
"Le prime due vittime del mostro" intitolava ad otto colonne il Corriere. Alfonso Sghettini svelava con toni sarcastici e preoccupanti la vera identità di Luca Fazi, la sua origine artificiale, la sperimentazione genetica applicata a quel primo prototipo di uomo perfetto.
Non c'è dubbio che la notizia scoppiò come una bomba sull'opinione pubblica. Fecero eco naturalmente dibattiti televisivi, discussioni, ricerche, condanne. Si scatenarono filosofi, scienziati, giornalisti, vescovi per la difesa o per la condanna di un uomo che forse era più simile ad un robot e dunque privo di freni inibitori, di una coscienza, di regole morali.
Sarebbe stato un processo anomalo. Non c'erano a carico dell'imputato prove che dimostrassero con inconfutabile certezza la colpevolezza o l'estraneità rispetto agli omicidi. C'erano solo alcuni indizi e molti sospetti che sarebbero stati rivelati se si fosse riuscito a dimostrare che Luca Fazi è solo un'opera genetica, il cui cervello agisce come una macchina, i cui pensieri nascono solo dagli impulsi elettrici che i neuroni cerebrali trasmettono al sistema nervoso.
L'ingegneria genetica ha dato la vita ad un corpo, ma questo corpo può essere considerato uomo? La questione era questa: se consideriamo l'uomo come l'unione tra un corpo ed uno spirito, ed è quest'ultimo che ci dà la nostra individualità, che ci distingue dagli altri uomini, che non ci riduce a macchine in serie, che ci dà la libertà di scegliere quali neuroni cerebrali azionare per fare questa o quella cosa, che ci rende unici nell'universo, e Luca Fazi al contrario solo un corpo, un computer, allora l'imputato sarà ritenuto colpevole perchè legato necessariamente alle leggi della propria materia corporea e materiale, che l'avrebbero indotto a compiere quei gesti criminali.
Certamente se riteniamo che la nostra personalità, il nostro io sia solo quella massa grigia che abbiamo nel cranio, e che rotta quella non c'è più niente, è chiaro che ogni realizzazione la cerchiamo nel mondo e soprattutto la vogliamo nel momento in cui la massa grigia è ancora funzionante.
Non è così se, nel momento di autocoscienza, comprendo che quella massa grigia non sono io, ma la manovro io che sono al di fuori, e dunque se credo che la mia persona non sia solo corpo ma anche e soprattutto anima, allora nasce quasi un disinteresse a ciò che avviene al mio corpo, e a ciò che avviene nel mondo, luogo nel quale il corpo vive.
E poi se siamo solo materia, da dove nasce la nostra libertà di agire come vogliamo, se il corpo, in tutto e per tutto è soggetto e prigioniero di leggi fisiche, materiali?
L'apertura degli atti processuali era affidata naturalmente al Pubblico Ministero, il magistrato Francesco Vita, un uomo pieno di esperienza e saggezza, famoso per aver risolto un eccezionale caso di corruzione politica legato al traffico internazionale di armi.
16 giu 2008
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