18 giu 2008

CAPITOLO 9

CAPITOLO 9: IL COMPORTAMENTISMO

"Dotta e sapiente la premessa del giudice Vita" incalza Paolo Giusto "ma errata nella sostanza. Noi dimostreremo che Paolo Fazi è un normalissimo essere umano ed agisce come qualsiasi altra persona comune. Mente? Corpo? Non ho mai visto una mente passeggiare per strada. L'uomo è solo ciò che si vede. Eccolo!" L'avvocato si volta e indica di scatto il suo cliente. "Lì c'è un uomo" continua "ed è innocente. Qualche esempio vorrei porlo anch'io. Cosa vuol dire che un individuo è intelligente? Io credo che equivalga ad affermare il suo alto coefficiente di successo nel risolvere problemi pratici in maniera rapida ed ottimale. L'intelligenza dunque non è uno stato mentale, non è la mente essenza spirituale, ma è solo un comportamento , un'azione, un fatto che si compie. Giudicare un uomo arrabbiato significa vedere le sue reazioni, i suoi comportamenti, come lanciare sassi, gridare, eccetera. Si dice: gli uomini sono addolorati. Ciò non significa che esistano degli oggetti chiamati dolori, palpabili e visibili. Quell'uomo soffre! oppure quell'uomo è contento! Ma dove sono le sostanze, i corpi detti sofferenza e contentezza? Tutto al più posso dire che quella persona piange o ride. In breve, signori giurati, la mente non esiste e nemmeno esistono quelle astrazioni mentali come i sentimenti, i ricordi, le emozioni, i pensieri. Un uomo è tale per come si comporta ed è solo questo che noi dobbiamo giudicare. L'uomo è corpo, è materia, e dal proprio corpo nasce la causa del suo comportamento. E guardate che bel corpo che ha il nostro Fazi. Comunque se è vero che la causa di ogni azione, come dimostreremo, deriva dal corpo, Luca Fazi è come qualsiasi altra persona, semmai migliore visto che la sua struttura è il frutto di una selezionata scelta di geni. Altro che mostro"!
Una giornata durissima, un avversario assai fermo e deciso, chiassosi ed insistenti giornalisti, hanno distrutto tutti i buoni propositi di Paolo di raggiungere gli amici quella sera per festeggiare l'importante incarico ricevuto nel processo del secolo.
Dalla macchina una breve telefonata a sua moglie Eva per annunciare il cambio di programma, la cravatta sfilata e lanciata sui sedili posteriori e il sogno di sprofondare nel vecchio divano di casa sonnecchiando davanti a un film.
Un breve squillo al campanello ma Eva non è ancora tornata. Le solite due mandate di chiave.
"Hai trovato la busta rossa"? E' scritto su di un foglio di carta scivolato sul pavimento dell'ingresso.
"E che diavolo sarà mai questa busta rossa"? Senza troppo preoccuparsi di chi avesse scritto quell'insolito messaggio, o forse pensando ad appunti personali della moglie, Paolo corre in salotto per tuffarsi sulla sospirata poltrona.
Un opuscolo pubblicitario delle montagne dolomitiche valdostane, riportano Paolo ai meravigliosi giorni trascorsi con i genitori e con suo fratello Carlo su quelle splendide vette bianchissime, quando si gettavano come matti nella neve e sembravano bambini che per la prima volta aprivano gli occhi al mondo. Le fantastiche sciate tra gli abeti, i piccoli scoiattoli che a fatica e arrancando seguivano le loro risalite in seggiovia, le fiaccolate notturne per salutare l'anno nuovo.
"Paolo sei già tornato"? La voce di Eva fa sobbalzare l'avvocato, assopito tra quei fantastici ricordi.
Eva è una ragazza estremamente attraente, con un corpo atletico e provocante, grandi occhi scuri esaltati da finissimi capelli neri. Da due anni lavora come medico specializzando nel reparto ginecologico dell'ospedale San Camillo di Roma.
Paolo ed Eva si abbracciano a lungo. Lui la segue in camera da letto per ammirare quella splendida creatura mentre con naturale sensualità si spoglia gettando tra le braccia del marito le sue piccole mutandine bianche che lo facevano eccitare terribilmente.
Poi una rapida doccia per mandar via l'odore d'ospedale e la stanchezza di una dura giornata di lavoro trascorsa tra i malati. Una cenetta preparata velocemente ma con la cura e la raffinatezza di una donna che vuole sentirsi moglie e non solo amante del proprio uomo.
Paolo racconta intanto gli sviluppi di quella prima giornata processuale.
"E mentre tu eri alle prese con un uomo nato in provetta" lo interrompe Eva "noi abbiamo aiutato due mamme a mettere alla luce i loro splendidi figlioli. Se avessi visto i loro visi, stanchi ma sereni, felici, puri, quasi orgogliosi delle loro madri, legati da quel cordone ombelicale e da una catena d'amore che mai nessuno potrà tagliare".
"Basta, sono solo fesserie. I figli portano solamente un sacco di preoccupazioni. Nascono nel dolore e muoiono nel dolore". La reazione di Paolo è brusca e inaspettata, quasi violenta.
"Paolo ma che hai? Ho detto qualche cosa che ti ha sconvolto"?
"No, scusa. Forse sono un troppo stanco. E' meglio se vado a dormire, domani avrò una giornata infernale".
"Aspetta solo un attimo. Quasi dimenticavo". Eva afferra la borsa, cerca qualche cosa. Tira fuori una busta rossa.
"Era nella cassetta delle lettere. Non c'è scritto l'indirizzo e neanche il cognome. Solo il tuo nome".
"La busta rossa. Allora quel messaggio trovato sotto la porta era rivolto proprio a me e non era un appunto personale di Eva". Il cervello di Paolo ricomincia a lavorare: "forse riguarda il processo. E allora perchè questo insolito modo di consegna. O forse riguarda me?
"Grazie amore" la liquida Paolo prendendo la lettera e dirigendosi verso la camera da letto.
Sicuro di essere solo la apre. Solo un semplice messaggio: "onora il padre e la madre".

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