23 giu 2008

ULTIMO CAPITOLO

CAPITOLO 14: UN BIVIO


L'arringa finale del pubblico ministero Francesco Vita è terminata tra gli applausi. Gli spettatori sottolineavano orgogliosamente e con un pizzico di presunzione la loro superiorità e la loro peculiarità di fronte ad una macchina. Sono uomini e dunque unici ed irripetibili nell'universo.
Assorto nei suoi pensieri Paolo Giusto esce lentamente dal Tribunale. Ripensa a tutto quello che è stato detto in aula. Studia la difesa che il giorno seguente dovrà esporre. Ma soprattutto ripensa alle parole di Alfonso Sghettini.
Attende con disperata certezza di essere contattato dalla CIA.
E naturalmente il colonnello Barnes è lì, davanti al portone del Tribunale che lo attende seduto sui sedili posteriori della sua Mercedes bianca.
"Salga pure mister Giusto, l'accompagno a casa".
Come vittima prescelta per un sacrificio religioso Paolo Giusto entra in macchina senza dire una parola.
Qualche minuto di silenzio e poi, senza mezzi termini, l'avvocato rompe il ghiaccio: "coraggio Barnes, che cosa sapete di me".
"E' proprio come prevedevo" inizia con un ironico risolino Barnes.
"Lei, mister Giusto, è un ragazzo intelligente e perspicace. Ha intuito che sappiamo tutto del suo passato e soprattutto di quel tragico episodio che ha coinvolto sua madre. Come ben sa la CIA riesce ad ottenere sempre ciò che vuole. Ed ora noi vogliamo che Luca Fazi venga condannato all'ergastolo. Questo prototipo di uomo deve risultare un fallimento totale della scienza. Lei, mister Giusto, deve fare in modo che domani, in occasione della sua arringa finale, Luca Fazi venga odiato dalla pubblica opinione, ritenuto un mostro dalla scienza e condannato a vita dalla giuria. Altrimenti sa che cosa accadrà? Accadrà che purtroppo sarà lei a dover subire quell'umiliante sentenza di condanna da parte di qualche altra giuria italiana. Per lei sarebbe la fine. Potrebbe dire addio a sua moglie per sempre e continuare la sua vita in una cella di tre metri per tre. Non ha troppo tempo per pensarci. Addio mister Giusto".
La Mercedes accosta davanti al portone di casa di Paolo.
L'avvocato scende.
L'automobile riparte.
Paolo si accende una sigaretta. Non ha nemmeno la forza di rientrare a casa. E' distrutto. Disperato.
Aveva cercato di dimenticare quel terribile giorno della sua vita, ma i fatti glielo avevano ripresentato prepotentemente davanti agli occhi.
Fuma. Il vento gli scompiglia i capelli ma lui non se ne accorge.
E' tutto finito.
Piange. E quei terribili ricordi la straziano.
E' solo. Ancora una volta solo. Come quel maledetto giorno.
La gente gli passa accanto, ma sono solo ombre.
Paolo ha paura.
Eva era affacciata alla finestra, sicura che il marito sarebbe passato a casa. Voleva vederlo per scaricargli tutta la sua rabbia, ma allo stesso tempo era terrorizzata all'idea che la loro storia d'amore stesse finendo. Amava Paolo in modo incredibile, gli piaceva tutto di lui in particola il modo in cui le accarezzava la testa quando guardavano la televisione insieme a letto, prendeva sonno sempre prima di lui ed adorava l'idea di addormentarsi con la sua mano tra i capelli. Non riusciva a credere che le stesse mani fossero riuscite a toccare un'altra donna, il solo pensiero la faceva stare male, la indignava e le provocava una rabbia incredibile. Come poteva averle fatto questo, dopo tutto quello che si erano detti, le promesse fatte e i sogni in comune da realizzare?
i suoi pensieri vengono interrotti dal rumore della serratura, Paolo entra le si getta al collo, la bacia.
"Amore mio aiutami tu. Non so cosa fare"
Singhiozza come un bambino.
Eva lo allontana e si passa una mano sulla bocca come se volesse pulirsi da quel bacio che vede sporco e non sincero. Lui le prende il viso tra le mani e la supplica di ascoltarlo. Lei non vuole sentirlo ma la rabbia e la pura di perderlo le bloccano le gambe. Non ce la fa a scappare via.
Con quei jeans attillati e quella maglietta aderente è veramente sexi, Paolo vorrebbe stringerla a se per farle capire quanto la ama e che non troverà mai una donna tanto bella che e lo faccia sentire vivo, come Eva.
"Sei bellissima amore mio."
"per favore Paolo non fare scene pietose, sono così bella che ti sei fatto un'altra , fregandotene di me, di noi e del nostro matrimonio. Se vuoi provare ad addolcirmi con dei complimenti stai sprecando il tuo tempo, per me è finita e basta, se ti dò una possibilità per parlare è solo per capire se in qualche cosa ho sbagliato io o se tu sei semplicemente un bastardo."
Lui si fa cadere su una poltrona e comincia a raccontare...E' tutto molto contorto, quasi inverosimile, Eva è sbalordita dubita della sua sincerità, ma mano mano che Paolo va avanti tutta la storia inizia a prendere i contorni di pazzesca tragica realtà.
Il tradimento sarebbe stato molto meno doloroso. Eva non riesce a credere di aver vissuto tanto tempo con una persona capace di certe cose, allora suo marito era un estraneo. Tanti anni della sua vita passati accanto ad un folle.
"Per favore Paolo smettila, non può essere vero.2
"Era l'unica cosa che potevo fare Eva, cerca di capirmi."
Ma lei non capiva, non poteva capire, la rabbia iniziale si trasformò in angoscia e paura, aveva sposato un mostro. Iniziò a tramare e il cuore le batteva all'impazzata, voleva scappare via il più lontano possibile, dove lui non l'avrebbe mai trovata. Le sue mani diventarono gelide. Voleva picchiarlo, insultarlo ma la paura era troppa e rimase immobile, con la schiena appoggiata al muro come se volesse proteggerla da quell'uomo pericoloso, poi trovò il coraggio di urlare, un grido forte, disperato.
"Sei un mostro, mi fai paura, vattene, vattene, scompari dalla mia vita, vattene!"
Aprì la porta e butto fuori il cappotto del marito, Paolo si alzò ed usci senza dire una parola, Eva chiuse la porta a chiave, aveva paura di lui.
Le lacrime le scivolavano sul viso. Voleva lavare con il pianto le cose orrende che aveva ascoltato. Voleva svegliarsi da quell'incubo. Ma oramai nell'incubo ci viveva e quelle cose erano successe veramente e nessuno mai avrebbe potuto più cancellarle.
Paolo si allontana.
Cammina. E piange. E si tormenta.
Entra in una chiesa. Ma non riesce a pregare.
Si sente sporco, dannato.
In fondo alla chiesa, sopra l'altare, c'è raffigurato un enorme Cristo con le braccia spalancate.
E' l'unico che lo accoglie, è l'unico che gli va incontro.
Paolo ha una gran voglia di abbracciarlo, di morire al suo passato, di morire a quel vecchio uomo egoista ed assassino che lo ha trascinato nel baratro.
Vorrebbe nascere un'altra volta. Vorrebbe cominciare tutto da capo.
Vorrebbe abbandonarsi completamente in quel Cristo che è lì in fondo e che lo aspetta a braccia aperte. Ma si vergogna.
Si disprezza, quasi si odia.
Sa che nessuno potrebbe capire ed avere pietà di lui.
Ma anche di fronte a se stesso la sua immagine è sporca.
"Dio mio aiutami Tu".
Si avvicina un anziano sacerdote.
"Figliolo che cosa ti tormenta così tanto"?
"Padre, sono disperato. La mia vita è finita. Ho peccato in modo irreparabile".
Paolo tra le lacrime dà inizio al suo sfogo angosciante: "è successo quattro anni fa. Vivevo con i miei genitori che amavo profondamente. Non potevo vederli soffrire in quel modo. Avevano già scontato troppe volte le brutalità di questa vita schifosa. Poi la morte di mio fratello è stata per loro come una spada che si conficca nel cuore ma che non ti fa morire. Ti tortura, ti lacera di dolore, ma non ti uccide. Ogni attimo della loro giornata era dolore, angoscia, tormento. Non potevo fare niente per aiutarli. Tornavo a casa con un sorriso ma le loro lacrime erano più forti, la loro disperazione più intensa.
Cercavo di farli uscire ma erano stanchi delle vanità del mondo.
Non incontravano più nessuno. Erano chiusi nello strazio di una vita inutile. Ero disperato anch'io.
Poi morì mio padre. Stranamente non soffrivo. Ero felice che per lui fossero finite quelle tristi giornate terrene. Si era liberato finalmente dalle catene del dolore. Dopo un'esistenza di disperazione finalmente riposava in pace. Fu allora che maturai l'idea di regalare anche a mia madre il sospirato riposo eterno.
Sì padre, ho ucciso mia madre! Con la complicità di un medico ho scambiato le sue quotidiane medicine per il cuore con un raffinatissimo veleno che non lascia traccia.
Ora sono disperato. Credevo che l'eutanasia fosse la forma migliore per eliminare il dolore.
Ora non so se volevo eliminare il suo dolore oppure accontentare il mio egoismo eliminando dalla mia vita un costante riferimento di sofferenza, di strazio. Mia madre moriva e portava con sè quelle lacrime amare in cui affogava la mia spensieratezza.
Hanno scoperto tutto ed ora mi ricattano. Vogliono che li aiuti in un gioco sporco, che darebbe un colpo definitivo alla mia coscienza, altrimenti racconteranno tutto alla polizia".
"Figliolo" lo riprende l'anziano sacerdote con una voce dolcissima "oggi il Signore ti ha salvato. Nella disperazione di un atto terribile il Signore ha toccato il tuo cuore e ti ha perdonato. Asciuga quelle lacrime e giosci. Sei venuto in questo luogo sacro con lacrime di pentimento ed il Signore fa festa perchè ha ritrovato un figlio che si era perduto. Ha ritrovato un figlio che presuntuosamente ed egoisticamente si era voluto sostituire a Dio reputandosi giudice della vita di un'altra persona.
E' il peccato stesso che si è insinuato in te, nel tuo spirito, nella tua anima ed ha prodotto un addormentamento della coscienza, una specie di anestesia spirituale. Esiste una narcosi da peccato.
Tu non hai riconosciuto più il tuo vero nemico, il padrone che ti tiene schiavo, il peccato. Hai agito con empietà, lontano da Dio, volendoti sostituire a Lui, dando alla tua vita il solo scopo del piacere, del benessere fisico e psicologico momentaneo, dimenticando gravemente un'altra fondamentale dimensione dell'individuo che è la sua dimensione spirituale. Poi hai continuato a sbagliare perchè in questi anni non hai cercato di liberarti dal peccato, ma tutto il tuo impegno si è concentrato nel liberarti dal rimorso del peccato e cioè hai negato il problema anzichè risolverlo, hai ricacciato e seppellito il male nell'inconscio anzichè farlo affiorare, rimuoverlo. Ma finalmente questa mattina ti sei alzato ed hai scoperto di aver dormito tutta la notte con un serpente velenoso accovacciato in un angolo della stanza. Attraverso il peccato, il dolore, la sofferenza hai ritrovato Dio che ti accoglie a braccia aperte e fa festa.
Ciò che hai commesso è gravissimo e sarà giudicato dagli uomini assai severamente perchè gli uomini non sanno che cosa è la misericordia. Ma tu devi essere felice perchè il Signore non ti abbandona mai e ti ha accolto nella sua casa. Ora va, sereno, pronto ad affrontare ogni punizione terrena. Va e non cedere ai ricatti di chi ti vuole condurre nel delitto, di chi vuole deviare il tuo comportamento. Invoca su di te lo Spirito Santo che ti guidi in questa ultima battaglia. Esulta, Gesù ti ama".
Paolo abbraccia spiritualmente quel gigantesco Cristo con le braccia aperte.
All'improvviso i suoi occhi non piangono più.
Sente un forte calore dentro di sè.
Un senso di libertà e di pace gli invadono piacevolmente l'anima.
Lo spirito assopito si è svegliato.
Poche parole per ridare luce ad un cuore distrutto, un cuore immerso nel buio che ha ritrovato la speranza e la strada della salvezza.
Ora Paolo sa cosa fare ed è entusiasta.
E' tornato finalmente ad essere un uomo. Un vero uomo.
Entra in aula, bello come non lo era stato più da tempo.
Si alza in piedi con fierezza.
In ultima fila scorge la moglie che gli sorride.
Con quei grandi occhi scuri gli lancia un gioioso ti amo.
Inizia: "spesso mi sono chiesto cosa provasse Fazi durante questo dibattimento. L'idea di essere rinchiuso a vita in una piccola cella terrorizzerebbe chiunque. Non uscire mai più dal carcere; mai più al mare; mai più in vacanza; mai più con la donna che ami; mai più nella tua casa; mai più cene con gli amici; mai più niente. Solo una piccola gabbia buia. E l'angoscia che tali pensieri provocano ti inchioda nell'isolamento totale, sovrastano ogni altro sentimento, ti eliminano dalla realtà. Sei solo, solo con questa spina ossessiva che buca lo stomaco e non puoi sfilare. E più cerchi di non pensare e più la spina entra prepotente. E' una sensazione profonda, penetrante, terribile che non può assolutamente essere frutto di una combinazione chimica cerebrale. Una macchina non ha paura. E sinceramente mi vado convincendo anch'io che Luca Fazi non abbia mai avuto paura perché egli è una macchina, è un perfetto computer". Lo stupore del pubblico ministero è palese. Paolo Giusto ha completamente rovesciato la sua linea difensiva, abbracciando quella di Francesco Vita per cui l'uomo ha un quid in più rispetto alla macchina, ha un'anima, una mente, uno spirito che agisce sul corpo. L'uomo non è come Fazi, pura materia.
Paolo aveva ripercorso alcuni momenti della propria esistenza e della vita dei genitori ricordando quei momenti di dolore o di grande affetto che possono derivare solo da un'anima sensibile e mai dalla combinazione di neuroni cerebrali.
"Non credo nemmeno" continua l'avvocato "che Luca Fazi sia capace di odio, per lo stesso motivo per cui non è stato capace di amare. Credo addirittura che ritenga intimamente giusta la sua condanna per il delitto commesso in quanto la società in tal modo agirebbe con lo scopo di eliminare un pericolo per la propria sopravvivenza. Agirebbe insomma per il mantenimento di quel famoso equilibrio dinamico, di cui parlano i cibernetici, e che caratterizza la personalità del mio cliente. Ebbene sì, Luca Fazi non ha una mente, non ha un'anima. E' solo un robot.
Ma è colpevole? Ha ucciso i genitori.
E quale sarebbe la sua colpa? E' una macchina, e come tale agisce in modo meccanico. Non ha una volontà che gli permette di scegliere, che gli concede la libertà di decidere se fare o non fare qualche cosa. Ogni sua azione è dettata da stimoli elettrici e chimici, dalla combinazione di atomi, neuroni, da cellule cerebrali. Il suo fine è la ricerca del benessere fisico ed ogni suo comportamento è necessariamente rivolto in quella direzione.
Se una banda di malviventi sequestrasse mio figlio, con tutta probabilità io baratterei la mia vita per la sua. Forse spinto dal frenetico amore per un figlio, o forse per pietà nei confronti di un ragazzino, o forse per spirito di eroismo. Ma potrei anche non offrirmi ai banditi e rinunciare a mio figlio per paura, oppure perché sono insensibile, o ancora per egoismo.
Comunque avrei una scelta, e finché non avrò preso una decisione nessuno potrà prevedere cosa farò.
Luca Fazi no! Egli sicuramente e prevedibilmente non scambierebbe mai la propria vita per un figlio perché tale azione lo porterebbe alla distruzione e ciò non rientra nel programma. Il sacrificio per l'altro non è nella sua natura che mira esclusivamente alla conquista del benessere personale. Suo malgrado non ha la possibilità di scegliere ed i suoi neuroni si combineranno necessariamente in un determinato modo. E' solo una macchina.
Sì, ha ucciso i genitori! Ma avrebbe potuto scegliere di non farlo?
Certamente rappresentavano un ostacolo alla realizzazione del proprio equilibrio dinamico, della propria sopravvivenza. E lui non avrebbe in alcun modo potuto non ucciderli. Non ha avuto nemmeno un piccolo dubbio né perplessità. Era tutto così naturale. Ed allora qual è la sua colpa? Non ha scelto di essere cattivo perché non sa e non potrà mai sapere ciò che è buono e ciò che è cattivo. E' così e basta.
Possiamo noi condannare un bambino perché nasce handicappato?
Possiamo noi condannare il terremoto o la pioggia perché provocano danni"?
Paolo Giusto interrompe. La sua arringa è finita.
Eva si alza in piedi e con coraggio applaude. Qualche secondo e scoppia un'ovazione generale.
Dopo sei giorni di ritiro rientra la corte.
"L'imputato Luca Fazi si alzi in piedi: la giuria ha così deliberato...".
E tutti si chiedevano: ma siamo noi veramente liberi di agire?
In che misura le nostre passioni, gli egoismi, la noia, la paura il desiderio, il piacere, la fame, la malattia condizionano le nostre scelte?
Quante volte anestetizziamo il nostro spirito, la nostra anima e diventiamo simili alle macchine?
E se veramente fossimo liberi quanto grande sarebbe la nostra colpa, la nostra scelta di delinquere?
F I N E

1 commento:

Anonimo ha detto...

NON è difficile il suo libro siamo perfettamente in grado di leggerlo e di capirlo ,semplicemente non piace !